La proposta: un governo di 6 mesi di unità nazionale per salvare gli ostaggi. Poi Israele nel 2026 alle urne
Nel momento in cui scriviamo i Merkava, i carri armati israeliani, stanno già avanzando a Gaza City, ma quando voi leggerete Il Corriere di Roma in formato cartaceo nella Striscia ci sarà solo morte e devastazione di quel poco rimasto in piedi da radere al suolo. Cose e persone fa lo stesso: «Chi non evacua sceglie di morire», ha avvisato il ministro israeliano delle finanze Bezalel Smotrich, leader del partito sionista di estrema destra.

Un gruppo di merkava, i carri armati dell’Idf – Fonte: Il Corriere del Ticino
Le proteste degli israeliani contro la decisione del governo di dare l’assalto finale anche via terra alla città di Gaza e alle altre zone della Striscia sono incessanti. Decine e decine di migliaia di ebrei israeliani, e fra loro le famiglie e gli amici dei sequestrati, si radunano in piazza Habima e nelle vie adiacenti di Tel Aviv con cartelli e slogan che fanno appello al rischio enorme per gli ostaggi israeliani. Forse meno di cinquanta persone ancora in vita, prigioniere di Hamas. Trump aveva precisato meno di venti.
Su qualche cartello si legge ‘Non moriremo al servizio degli insediamenti’, ma tra loro affiora anche il drappello di manifestanti della comunità arabo-israeliana con scritte come ‘Da Gaza a Jenin, basta uccidere i bambini’. L’angoscia più rappresentata nelle proteste è certamente però quella che riguarda la sorte degli ostaggi israeliani, la cui liberazione sarà difficile, se non nulla, con l’occupazione di tutta la Striscia e la concomitante deportazione dei gazawi.
Intanto, l’ex capo di stato maggiore e ora leader di uno dei partiti dell’opposizione, Benny Gantz, ha offerto di formare un governo di unità nazionale per arrivare alla liberazione degli ostaggi. Un governo di emergenza della durata di sei mesi, prima delle elezioni previste nel 2026, che potrebbe rappresentare anche la salvezza dell’attuale primo ministro Benjamin Netanyahu, il cui futuro politico è quanto mai incerto al momento. «Non voglio salvare Netanyahu, ma gli ostaggi», assicura Gantz. Di fatto però è proprio ciò che avverrebbe sfilando l’attuale primo ministro Netanyahu dal ricatto dell’estrema destra che lo sta tenendo in scacco.

Benny Gantz rilancia la proposta di un governo di unità nazionale – Fonte: Il Corriere del Ticino
«Gli elettori di destra hanno scelto politiche di destra. No alle politiche di Gantz, no a un governo centrale, no agli accordi di resa con Hamas, sì alla vittoria assoluta», è il mantra del ministro della Sicurezza nazionale per tutta risposta. Lui, Itamar Ben Gvir, è un importante esponente di estrema destra dell’attuale coalizione di governo. Il vero manipolatore che tiene in pugno Netanyahu.
Sulle stesse posizioni anche il partito israeliano Yisrael Beytenu del parlamentare Avigdor Lieberman, che boccia la proposta di Benny Gantz di formare un governo insieme al premier Benjamin Netanyahu e al leader dell’opposizione Yair Lapid. «L’unico governo di cui faremo parte è un governo sionista a tutto campo», ribadisce Lieberman.
Un sondaggio del quotidiano israeliano Maariv riporta che il 62 per cento degli israeliani ha perso fiducia nel governo, anche se il 26 per cento ritiene che si debba firmare un accordo con Hamas anche solo per riportare a casa gli ostaggi. Il 46 per cento pensa che il governo, oltre a firmare l’accordo per gli ostaggi, dovrebbe porre fine al conflitto a Gaza. Il 18 per cento si oppone a qualsivoglia forma di accordo e, sostenendo la linea di Ben Gvir, dà il via libera a qualsiasi azione pur di annientare Hamas.
Il 2 settembre sono attese decine di migliaia di riservisti che andranno a corroborare i contingenti dell’Idf nell’avanzata dello Stato ebraico dentro la Striscia. Gli ordini ricevuti da Ben Gvir e Smotrich, ma non condivisi con convinzione dal capo di Stato maggiore Eyal Zamir circa la gestione del piano di evacuazione della popolazione civile, sono d’imporre un assedio rapido, lasciando senz’acqua, energia elettrica e cibo chi non si arrende e non evacua.
A oggi, intanto, le vittime fra i palestinesi nella guerra a Gaza, a partire dal 7 ottobre 2023, salgono da 62 mila a 80 mila vittime circa. Il metodo utilizzato dal ministero della Salute di Gaza per conteggiare le vittime civili è ritenuto valido da varie istituzioni internazionali ed esperti, ma non combacia con le informazioni (poche per la verità) fornite dalle istituzioni israeliane sul numero dei morti a Gaza, istituzioni che quindi contestano il conteggio fornito dal ministero palestinese.

Una evacuazione di civili da Gaza – Fonte Globalist.it
Un’inchiesta della testata giornalistica indipendente israelo-palestinese +972, condotta insieme a Local Call e al Guardian su una banca dati riservata, gestita dall’intelligence militare israeliana, rivela che l’83 per cento delle vittime uccise nella Striscia erano civili (non esponenti di Hamas). Dall’inizio della guerra, inoltre, circa 278 giornalisti e operatori arabo-palestinesi sono stati uccisi negli attacchi israeliani, in media circa 13 al mese.
Daniela Binello
