Gli scenari futuri della guerra russo-ucraina alla luce del risultato delle elezioni americane

Per quanto concerne la guerra russo-ucraina la vittoria di Trump ha aiutato a compiere l’ultimo passo nella direzione dello svelamento dell’ovvio. Molti hanno infatti avuto bisogno dell’affermazione elettorale del nativo del Queens per realizzare che il ritorno ai confini del 1991, per due anni e mezzo sbandierato come unico esito accettabile, difettasse del principio di realtà, sebbene siano stati facilitati nel compito dalla progressiva degradazione della capacità ucraina di reggere l’urto dell’esercito russo, specialmente nel settore sud-ovest dell’oblast di Donec’k.

Chiunque avesse un minimo di familiarità con la situazione operativa del presente conflitto in tutti i suoi teatri, la quale deriva in prima istanza dallo squilibrio demografico ed economico esistente fra i due Paesi al netto dei massicci aiuti occidentali, nonché con la situazione della politica interna russa, non poteva che partire dal presupposto che il prosieguo indeterminato della guerra avrebbe visto nel medio periodo l’ulteriore perdita di territorio da parte ucraina e una condizione sempre più precaria ed emergenziale al fronte.

La nazione ucraina presentava peraltro prima dell’invasione russa del febbraio 2022 un Pil appena inferiore ai 200 miliardi di dollari, per un paese che le varie analisi demografiche davano intorno ai 40 milioni di persone (esclusi i territori allora occupati), e un Pil pro capite che secondo la Banca Mondiale era di 4827 dollari a persona e che oggi può vantare un Pil nominale di circa 184 miliardi secondo il Fondo Monetario internazionale e un Pil pro capite di circa 5505 secondo la stima dello stesso IMF, in salita a causa della decrescita della popolazione causata dall’occupazione di territori da parte russa e dalla cospicua emigrazione a seguito della suddetta invasione. Questo rende ancora oggi l’Ucraina il Paese con il Pil pro capite più basso d’Europa, inferiore ai 7368 dollari della disastrata Moldavia, sotto persino a quello di paesi come l’Algeria o El Salvador fra gli altri.

Fonte: Key4biz

Il pensiero che ha sostanziato l’approccio occidentale consisteva infatti nel sancire il principio aureo che solo gli ucraini potessero determinare se e quanto seriamente parlamentare con i russi e cosa potesse essere oggetto di trattativa e cosa no. Il teorema consisteva, infatti, nel ritenere che, se la politica e la società ucraina, a rimorchio delle peggiori forze ultranazionaliste, avessero deciso di combattere fino all’ultimo uomo per riprendersi ogni centimetro quadrato di regioni orientali, che solo dando fondo al massimo della propria facoltà immaginativa si poteva pensare che potessero placidamente tornare sotto il controllo del governo di Kiev, questo scenario dovesse trovare automaticamente riscontro nella realtà. Il pensiero magico di cui erano sottese simili valutazioni si è però gradualmente sfaldato negli ultimi mesi fino a lasciare spazio al precedentemente evocato principio di realtà. Per quanto molte persone non accennino a modificare la propria lettura del fenomeno, limitandosi a rimarcare che la causa dell’esito fino a questo momento complessivamente infausto di un paradigma che ha contemplato esclusivamente un approccio militare alla questione sia da riconoscere nel quantitativo insufficiente delle armi inviate all’Ucraina e in una mancata disponibilità a concedere alla stessa la facoltà di colpire in profondità la Russia, al netto dei considerevoli rischi che questo avrebbe comportato su scala ben più ampia di un conflitto regionale, si sta cominciando finalmente a riscoprire ciò che era fin dall’inizio patente e inequivocabile.

Fonte: Eunews

Tuttavia, il motivo principale per cui non sarebbe corretto caricare la vittoria di Trump di attese esagerate, ovvero una rapidissima e indolore conclusione del conflitto, è proprio il fatto che, essendo arrivate le due potenze a combattersi molto duramente per quasi tre anni, senza alcuna prospettiva di fine delle ostilità, nessuna delle due sia oggi politicamente, e si potrebbe dire quasi psicologicamente, incline a trattare in sede diplomatica, avendo alle spalle un legato di morte e distruzione che non ha quasi nessun parallelo nella storia recente dell’Europa, anche considerando la differente cifra militare della Guerre jugoslave, molto più simili a una serie di guerriglie portate avanti da gruppi paramilitari che a una guerra fra due eserciti regolari del peso e dell’organizzazione dei due coinvolti in questo conflitto.

Fonte: Open

Vi sono quindi molte ragioni per ritenere che la vittoria repubblicana avvicini, e di molto, le prospettive di una pace in Ucraina, ma non bisognerebbe trascurare che continueranno a esserci molte ragioni che ostacoleranno un esito positivo di eventuali trattative fra i due paesi.

Alberto Fioretti

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