La nostra società va man mano distruggendo la classe media a favore delle grandi ricchezze di pochi
La realtà che ci viene raccontata dai giornali e dalle varie fazioni politiche in campo economico diverge sostanzialmente di fatti. L’Italia, recita la Costituzione, tutela la proprietà privata ma, in un intervento di parecchi anni fa del sempre brillante on. Bertinotti, che peraltro stentai a comprendere, disse che pur essendo lui comunista non poteva più immaginare si potesse arrivare all’abolizione della proprietà privata, ma era ancora legittimo ambire all’espropriazione del reddito. Sono sincero, restai basito davanti a quello che al tempo mi sembrò un evidente ossimoro.
È passato del tempo e devo dire che oggi, non solo capisco la forza e la sostanza del ragionamento, ma posso arrivare a dire che il progetto bertinottiano si è del tutto realizzato, soprattutto al riguardo della piccola e media borghesia. Non a caso la nostra società va man mano distruggendo la classe media a favore delle grandi ricchezze di pochi e, come in ogni economia orientata fattivamente al socialismo reale, all’impoverimento delle classi meno abbienti che scivolano neanche troppo lentamente verso la povertà assoluta. Per comprendere il discorso dell’onorevole, sempre dichiaratosi comunista, e che ho sempre apprezzato per coerenza e capacità intellettuali nonché dialettiche, bisogna analizzare la fiscalità, tramite un esempio, su un piccolo imprenditore.

Fonte: Cedice Libertad
Un soggetto che detiene il 50% di una s.r.l. attiva nel settore della ristorazione, proprietario della sua casa e magari di una seconda casa estiva e che sviluppando nella sua attività un giro d’affari di circa un milione di euro, riporta un utile ante imposte pari al 20% del fatturato: euro 200.000. Ebbene, questo signore dopo aver pagato tutte le imposte comunali ed i vari balzelli deducibili a bilancio (sono tanti), dopo aver provveduto alla tutela dei suoi dipendenti versando i ¾ dei contributi necessari per la loro previdenza (la pensione) dovrebbe portare a casa i suoi bei 100.000 euro. Prima però la sua società deve pagare, su detto reddito, il 29% circa di tasse e sul residuo deve ancora il 26% per poter portare il reddito della società nelle tasche del socio ristoratore (parliamo della tassa sulla distribuzione dei dividendi). Siamo arrivati dall’importo di competenza del nostro soggetto (€ 100.000) ad un valore netto pari ad € 52.540. (Non staro qui a tediarvi con il fatto che il gioco delle basi imponibili allargate dilata di 3 o 4 punti la tassazione). A questo punto lo Stato pretende che lo stesso imprenditore provveda al proprio futuro e gli impone di pagare la propria previdenza. Sia chiaro è un obbligo. Se non paga gli arriva la cartella esattoriale. E quindi il nostro ristoratore, per una pensione che non vedrà mai (questa è la sostanza) pagherà ancora il 24,48% su 100.000 e quindi euro 24.480. Il suo reddito netto quindi, dopo aver cucinato o portato piatti a tavola, a pranzo e a cena per 6 giorni alla settimana, compresi Pasqua, Natale e feste comandate, senza nessuna tutela per maternità, malattia, infortuni o altro, si ridurrà a soli euro 28.060,00.
La barzelletta non è finita. Il nostro eroe non avrà diritto all’asilo nido per il figlio e dovrà pagare il ticket all’ospedale e sui farmaci. Sapete perché: perché ha un reddito troppo alto. Comunque, conquistati i suoi 2.000 euro abbondanti al mese, pagherà ancora, come tutti, il 17% medio di iva sui suoi acquisti, il bollo auto, le mostruose tasse sulla benzina, l’Imu sulla seconda casa ed il parcheggio sotto casa. Tutto questo in uno Stato capitalista che tutela la proprietà privata. Vista così la nostra economia sembra più vicina a quella della Russia degli oligarchi e della povertà diffusa. È vero, il nostro ristoratore è ancora proprietario di casa, del suo 50 % del ristorante e magari della sua casetta al mare, ma il reddito? Non solo aveva ragione Bertinotti, che senza essere mai stato al potere e solo con l’influenza ideologica ha raggiunto lo scopo.
Per quel che riguarda il povero e sudato ristoratore, spero che nessuno più si permetta di additarlo se troverà una soluzione all’italiana.
Ferruccio Zappacosta