Le contraddizioni che emergono dalla nostra reazione al Governo di Kabul

Talebani sì, talebani no. Su quest’asse cartesiano la politica nostrana, e non meno quella Occidentale, sembrano aver perso le coordinate da diversi anni. Si spazia da chi predilige un approccio più pragmatico a chi ne fa una questione di principio, data l’inconciliabile antitesi valoriale che contraddistingue il governo insediatosi a Kabul nell’estate del 2022.

Di quest’ultimo avviso in particolare, è un ex inquilino di Palazzo Chigi: Matteo Renzi. Specialmente nei giorni immediatamente successivi al ritiro americano e all’inesorabile ripresa del potere del governo talebano il leader di Italia Viva è stato infatti tra i più convinti sostenitori della linea dura.

Renzi era stato seguito da quella che allora costituiva buona parte della maggioranza del governo Draghi, da Salvini a Letta, passando per Tajani e Bonino. Si tratta tuttavia di un’uniformità di facciata, in quanto tali prese di posizione dei leader non sempre rispecchiano le anime dei rispettivi partiti. Romano Prodi, ad esempio, fondatore del PD ed eterno riferimento del centro-sx, aveva definito l’apertura verso i talebani “un passo obbligato”, e plaudito all’iniziativa di Draghi di inserire il tema nell’agenda del G20.

Fonte: Affari Italiani

Lo stesso Draghi che, aveva precedentemente condannato il governo turco nella persona di Erdogan, che arrivò a definire “dittatore” a reti unificate. Un double-standard che di fonte alla crudeltà e alla sharia dei talebani, palesa tutta l’ipocrisia di un’Occidente che assolve, solidarizza, condanna e discredita il mondo arabo a seconda delle convenienze strategiche del momento.

Il quale predica verità per Regeni e libertà per Zaki ma razzola male, sempre a tutela degli interessi economici in Egitto e altrove. Che invoca il “Nuovo Rinascimento” in Arabia Saudita, e poi rifiuta di riconoscere uno Stato, che piaccia o meno, ha (ri)conquistato la sovranità del suo territorio senza particolari resistenze.

Peraltro, i talebani avevano avviato da svariati anni un dialogo serrato con le autorità americane e in costante dialogo con queste sono rimaste dal giorno in cui si sono nuovamente insediati a Kabul, venendo di fatto riconosciuti da parte della più importante potenza mondiale.

Fonte: ISPI

Mentre l’Italia e l’Europa si sono divise in un dibattito sterile e tutto ideologico, le grandi potenze non hanno perso tempo e sono scese a patti con la lunga notte afghana.

Alberto Fioretti