Facendo un ripasso dei momenti salienti della guerra russo-ucraina qualche domanda nasce spontanea

2025, ovvero l’anno del risveglio dell’Europa dal suo lungo torpore. Chissà se qualche europeo si pone spesso questa domanda: ma non ci avranno anestetizzati? A dire il vero, a ripercorrere gli avvenimenti che hanno portato a ritrovarci molto più poveri e con un conflitto armato ancora aperto nel cuore dell’Europa, bisogna prendere coscienza che una volta resici inermi su tutta la linea, siamo diventati complici della nostra stessa autodistruzione.

Fonte: Dagospia

Ripercorriamo allora alcuni passaggi strategici che hanno ridotto l’Europa a consegnarsi baldanzosamente incaprettata al suo autosabotaggio consensuale. 

Elezioni presidenziali del 2004 in Ucraina. Si battono il candidato filoamericano Viktor Juscenko (leader di Nostra Ucraina) versus quello filorusso Viktor Janukovic. Vince quest’ultimo, ma l’Osce (l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa che ha sede a Vienna) lo accusa di brogli elettorali e così l’Occidente si rifiuta di riconoscere il vincitore.

Accade poi che il magnate ungherese-americano George Soros, attraverso la sua Open Society Foundation e la galassia di organizzazioni correlate che gli gira intorno, oltre a pezzi importanti dell’intelligence americana, finanziano la rivoluzione arancione per rovesciare fra le proteste di piazza il suo governo considerato filorusso. Per calmare le acque e ristabilire un po’ d’ordine vengono indette dalla Rada (il parlamento ucraino) nuove elezioni. Questa volta, guarda un po’, vince Juscenko, e qualcuno insinua “come desiderava Washington”. Ma nel 2010 Janukovic vince nuovamente.

Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) con l’Ue vorrebbero spingere il suo governo ad accettare una montagna di prestiti per poter aspirare di entrare nell’Unione europea (e successivamente perfino nella Nato). I prestiti del Fondo Monetario, ça va sans dire, sono però subordinati alla sottoscrizione di condizioni da paura, del tutto insostenibili, e così Janukovic si avvicina di nuovo e sempre di più alla Russia, mandando Washington su tutte le furie.

Le proteste organizzate di Euromaidan (come insinua qualcuno fomentate dall’Open Society di Soros con l’aiuto dell’intelligence americana) mirano a rovesciare il governo. Il senatore americano John McCain (repubblicano) e la sottosegretaria agli affari politici americani Victoria Nuland volano addirittura a Kiev per incitare il popolo contro il governo (https://www.avvenire.it/mondo/pagine/un-grande-pasticcio-in-cui-i-protagonisti-agiscono-al-contrario).

Durante le proteste più violente, nel febbraio del 2014, alcuni cecchini sparano dai tetti e dalle finestre dei palazzi di piazza Maidan sui manifestanti. Il bilancio è di circa 80 o anche 100 persone uccise, più molti feriti. Janukovic, a cui viene addossata la colpa, fugge dal Paese, mentre viene insediato un nuovo governo (filoamericano). Si scoprirà successivamente che a sparare dai tetti erano stati i mercenari georgiani, pagati dall’opposizione contro Janukovic. Sia come non sia, il golpe è andato a segno.

Nel nuovo governo ucraino imposto ci sono poi tre ministri chiave, selezionati dai cercatori di teste: le Finanze vanno a Natalia Jaresko (nata a Chicago, ma di origini ucraine, era il Ceo di un fondo americano d’investimenti del gruppo Horizon Capital), l’Economia va al banchiere lituano Aivaras Abromavicius (partner della società d’investimenti East Capital, dopo avere ricoperto incarichi al Dipartimento di Stato americano), alla sanità va l’ex ministro georgiano Alexander Kvitashvili (altro uomo di fiducia di Washington e consulente dell’Oms). Assolutamente da rileggere l’articolo particolareggiato su Il Sole 24 Ore del 2 dicembre 2014 (https://st.ilsole24ore.com/…/l-ucraina-vara-governo…).

Scatta così il conto alla rovescia della resa dei conti. Nel marzo del 2014, subito dopo il referendum per l’autodeterminazione della penisola di Crimea, il presidente Putin dichiara la Crimea come parte della Russia per motivi morali e materiali, citando il principio di autodeterminazione e l’importanza strategica della Crimea per la Russia. Tale annessione ha visto e vede ancora scontrarsi varie interpretazioni giuridiche sulla legittimità, oltre che politiche. Di fatto però la Crimea è federata alla Russia.

Nell’aprile del 2014 la Milizia popolare separatista della regione mineraria del Donbass crea posti di blocco e barricate per le strade, mentre vengono perpetrati numerosi attacchi contro la popolazione ucraina russofona da parte delle forze armate inviate da Kiev. Il presidente Vladimir Putin aveva dichiarato che il “Donbass è parte integrante della storia e della cultura russa” ed è proprio questa regione a essere considerata, dal punto di vista di Putin, come la madre di tutte le battaglie per porre un argine al progressivo allargamento della Nato sul confine orientale.

 Oltre al Donbass, ci sono poi il Donetsk e Lugansk. Nelle due autoproclamate repubbliche filorusse in territorio ucraino, il conflitto non è mai veramente cessato. Questi due territori contigui, dove vivono oltre tre milioni di persone, si trovano a ridosso del confine fra Ucraina e Russia. Il Donetsk, inoltre, sbocca sul maredi Azov. Le due “repubbliche” erano nate in seguito alle manifestazioni di militanti filorussi contro il nuovo governo filoccidentale, insediatosi all’inizio del 2014 in Ucraina dopo le proteste dell’Euromaidan.

Fonte: ANSA

Dall’aprile 2014 alla fine del 2018 ci sono state quasi 13mila vittime nel conflitto armato nel Donbass. Fra le vittime, anche diversi reporter che avevano cercato di documentare a tutto il mondo quanto stavano accadendo. Fra loro il freelance italiano Andrea Ronchelli.

Nel 2019 Volodymyr Zelensky viene eletto presidente dell’Ucraina. Ex attore comico amico degli oligarchi, a sua volta molto ricco, si presenta come un eroe del suo popolo sceso in campo per difendere la democrazia. Tuttavia, fra le sue prime azioni c’è la messa al bando dell’opposizione parlamentare, la chiusura di tre canali televisivi a lui ostili e l’imposizione della censura.

Nel 2022, dopo il fallimento di tutte le trattative per un cessate il fuoco a causa delle continue violazioni degli accordi di Minsk da parte di Kiev, la Russia interviene a difesa del Donbass adducendo a ragioni di sicurezza nazionale. Il 24 febbraio del 2022 è sferrata quella che Mosca chiama “operazione speciale”: è di fatto l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. La guerra nel Donbass riprende quindi con grande intensità con la partecipazione delle forze regolari russe a fianco delle brigate dei miliziani del Donetsk e del Lugansk, rinforzate da misure di mobilitazione generale decretate dalle autorità politiche delle due repubbliche separatiste.

Nel frattempo, gli Stati Uniti fanno saltare in aria i gasdotti Nord Stream con cui la Russia riforniva gas a quasi tutta l’Europa, in particolare a Francia, Germania e Italia a prezzi assai convenienti. Sul sabotaggio dei gasdotti suggeriamo di andare al link seguente, dove si parla dell’inchiesta del giornalista americano Hersh, più volte Premio Pulitzer (https://www.lindipendente.online/…/il-premio-pulitzer…/).

L’Ucraina, che è armata dalla Nato anche con il nostro sostegno, viene mandata al macello contro i russi. Dopo tre anni, da quel febbraio del 2022, in cui ci è stato raccontato che la Russia sarebbe stata sconfitta con le armi e i pacchetti di sanzioni, quello che ormai quasi tutti sono in grado di comprendere è che agli europei sono state svuotate le tasche in nome di una guerra giusta, che in realtà non ha ancora vinto nessuno, nel sangue e nel massacro di tanti poveri giovani, sia ucraini sia russi, mandati a morire per niente. Le stime, sebbene del tutto presunte, parlano perlopiù di 80mila soldati morti e circa 400mila feriti da parte ucraina e di 200mila soldati caduti da parte russa.

Uno degli ultimi atti di Zelensky, adesso che di fronte all’amministrazione Trump ha ammesso di non poter vincere il conflitto contro Mosca, sarà quello di svendere territori minerari dell’Ucraina al gigante americano che lo tiene ancora in vita. Ma gli europei ricorderanno che ci avevano detto che la vittoria era dietro l’angolo perché Putin stava per ritirarsi, in quanto malato di cancro, e che i russi avevano finito uomini e munizioni. Ci avevano anche detto che per gli ucraini abbattere i caccia russi con il fucile da cacciagione era un gioco da ragazzi.

Fonte: ANSA

Gli europei scoprono invece che l’economia russa non è affatto al collasso per le sanzioni imposte dall’Occidente, avendo trovato altre vie per vendere e trasportare l’energia e per rifornirsi a loro volta di ciò che serve, e che il suo Pil è superiore a quello americano. Per non parlare di quello di noi poveri spiantati europei.

Daniela Binello

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