Al Senato è stato adottato un testo base, concepito dalla maggioranza di governo, che introduce limiti precisi all’accesso al suicidio medicalmente assistito, suscitando critiche dei partiti all’opposizione e anche dall’Ordine dei medici.

L’intervista al senatore azzurro Pierantonio Zanettin, relatore di maggioranza del provvedimento

«Siamo del tutto insoddisfatti del testo base sul fine vita elaborato dal comitato ristretto e adottato dalle Commissioni Giustizia e Affari sociali del Senato. Nella scorsa legislatura aveva trovato ampio consenso il testo Bazoli. Ora invece viene completamente stravolto». Così il presidente dei senatori del Pd, Francesco Boccia, che ha ricordato la precedente proposta del collega di partito Alfredo Bazoli, che nella XVIII legislatura era deputato e in quella in corso è senatore. Boccia aggiunge ancora: «Tante le criticità, dalla stretta ai criteri d’accesso rispetto a quelli stabiliti dalla Corte Costituzionale, alla formazione del Comitato nazionale di nomina governativa, che dovrebbe arrogarsi il diritto-dovere di decidere della vita delle persone, alla privatizzazione di fatto del fine vita, che non avrebbe nessun rapporto con la sanità pubblica, visto che il Sistema sanitario nazionale è stato totalmente escluso, alla faccia dell’uniformità di trattamento e della parità delle condizioni d’accesso. In Senato cercheremo di migliorare un testo che è necessario per la civiltà del nostro paese, ma che rischia addirittura di peggiorare la situazione. Per questo motivo facciamo nostro l’appello dell’Ordine dei medici: il nuovo testo ignora totalmente la dignità della persona che deve essere tale in tutti i momenti della sua vita, dalla nascita alla morte, come aveva già sottolineato la Corte Costituzionale. Il testo della maggioranza è una regressione che il nostro paese non si merita».

Rappresentazione simbolica del “fine vita” – Fonte: La Nazione

In sostituzione dell’attuale situazione a macchia di leopardo, in cui ogni Regione (come la Toscana) interpreta le sentenze della Corte Costituzionale in modo autonomo, il testo base della maggioranza di governo punta a introdurre criteri uniformi a livello nazionale. Le criticità, però, nascono dal fatto che a decidere sulle sofferenze di una persona possa essere un organismo nominato direttamente dal governo, senza il supporto del Servizio sanitario nazionale, e che l’attesa del responso potrebbe durare anche quattro mesi.

Ora l’iter parlamentare del testo base prevede che entro il 9 luglio siano depositati gli emendamenti, per cominciare la discussione nell’emiciclo di Palazzo Madama il 17 luglio.

Rappresentazione simbolica del “fine vita” – Fonte: La Nazione

Abbiamo chiesto un commento al senatore forzista Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia in Commissione Giustizia, che è uno dei relatori del ddl (l’altro è il collega di Fratelli d’Italia, Ignazio Zullo).

Senatore Zanettin, l’iter del ddl è appena cominciato, ma cosa prevede circa le tempistiche dopo il termine fissato per depositare gli emendamenti?

Zanettin – “Dopo più di sei anni, in cui sono stati fatti vari tentativi, tutti falliti, e mi riferisco ai governi giallorossi e gialloverdi e anche da parte di quello tecnico, si tenta adesso di varare una legge sul fine vita. Noi ci vogliamo provare e ci abbiamo lavorato per un anno e mezzo. Ci si mettono in molti a criticare? Ma questo argomento non è per niente facile. Noi abbiamo fatto un lavoro molto faticoso di mediazione, soprattutto di ascolto, e ora siamo arrivati a un testo base su cui lavorare. Credo che vada riconosciuto da tutti lo sforzo concreto che abbiamo fatto per arrivare a una legge di mediazione, che recepisca le indicazioni e i criteri della Corte Costituzionale”.

Uno dei motivi della discordia è il ruolo del Servizio sanitario nazionale. Qual è il punto?

Zanettin – “Guardi, come ho già detto questo è un testo di mediazione, ma non è blindato. Lo ha detto anche il viceministro della giustizia Francesco Paolo Sisto. Sono due i principi da considerare, che non convergono fra di loro: da un lato c’è l’autodeterminazione, ovvero la disponibilità della propria vita e dall’altro c’è la tutela della vita, un principio irrinunciabile. Abbiamo escluso da parte del Servizio sanitario nazionale la predisposizione di personale diretto, di farmaci e di strumentazioni perché riteniamo che il Sistema sanitario sia preposto innanzitutto alla tutela della salute, non certo a dare la morte. Va ricordato a chiare lettere che la Corte costituzionale non ha fissato il diritto al suicidio assistito, né all’eutanasia, ha soltanto stabilito una scriminante all’interno del Codice penale, con riferimento all’articolo 580 (quello dell’istigazione o aiuto al suicidio, n.d.r.). E sempre la Corte ha indicato tra i requisiti per l’accesso al suicidio assistito il fatto che il soggetto sia libero e cosciente. Per questo, nel testo noi insistiamo sull’importanza delle cure palliative”.

Le cure palliative saranno imposte d’obbligo?

Zanettin – “No, non c’è l’obbligo di ricorrere alle cure palliative, ma deve esserci ovunque la possibilità di farlo. Le Regioni che ricevono i finanziamenti dallo Stato per queste terapie, ma li utilizzano per altre finalità, dovranno invece investire nelle cure palliative. Voglio inoltre sottolineare che il fine vita per la nostra maggioranza non è un Lea (Livelli Essenziali di Assistenza, n.d.r.), quindi è chiaro che non essendo un Lea non ci sarà come effetto l’obiezione di coscienza. Lo spiego in altre parole, il paziente che si trovasse in ospedale e che volontariamente e consapevolmente volesse ricorrere al fine vita lo farà con un suo proprio medico e quindi a sue spese”.

Daniela Binello