Siamo arrivati ad un punto di censura che, ormai, ha più il senso del ridicolo che della difesa in favore di certe etnie o categorie

Ha fatto il giro del mondo la notizia che ha visto protagonista Papa Francesco, durante un colloquio privato con i vescovi in Vaticano lo scorso 20 maggio. Il Pontefice, parlando del problema dei seminaristi con tendenze omosessuali ha usato la parola “frociaggine”. Tale termine è stato adoperato dal Papa motivando il suo “no” all’ammissione di uomini con tendenze gay nei Seminari. Apriti cielo! Il primo sito d’informazione a riportare la notizia è stato “Dagospia” e poi, a cascata, tutte le altre testate.

Oggi, nonostante un’Era in cui si parla tanto di libertà (anche e soprattutto di opinione) è sempre più frequente mettere il bavaglio alla nostra Lingua che già risente (in negativo) di termini anglofoni inseriti a forza nei dialoghi correnti.

Fonte: Parola di Vita

Certo, il termine usato da Bergoglio appare “forte” se si pensa alla bocca da cui è uscito ma, siamo sinceri, in questa storia c’è anche un falso moralismo intriso di vittimismo. Sì, perché al giorno d’oggi, parole come “negro”, “frocio”, “razza” e molte altre sono state etichettate come negative, a prescindere dal contesto in cui vengono espresse.

Tornando all’accaduto il Papa, come riportato ad inizio articolo, si trovava in un contesto confindenziale. Ognuno di noi quando è nel privato tende a lasciarsi andare ad un gergo che, in pubblico, non utilizzerebbe mai. La situazione “intima” ci spinge a dire in maniera esplicità ciò che, in ambito formale, esterneremmo con fare più forbito.

Fonte: Informazione.it

E questo vale anche per un Papa. Ma forse, è giusto porsi degli interrogativi: un Pontefice ha, realmente, uno spazio privato? Possiamo definire, quello con i Vescovi, un incontro informale? O, al contrario, il suo ruolo lo porta sempre a vivere situazioni pubbliche, anche se poi vengono spacciate come private?

Domande lecite se si pensa che, evidentemente, qualcuno dei presenti ha fatto la “soffiata” mettendo in piazza ciò che sarebbe dovuto rimanere custodito tra le mura della Santa Sede.

E, volendo estendere il discorso all’omosessualità, forse il vero problema non sta nel termine “frociaggine” ma nel fatto che la Chiesa ha già in sé preti omosessuali che sono stati ordinati e che non hanno saputo tenere a bada la propria pulsione, esternandola nel modo più infame che un essere vivente possa fare, attraverso l’abuso di minori. Se ci pensiamo bene, la Pedofilia, altro non è che un ramo malato dell’omosessualità.

Cercare di sviare l’attenzione ponendo l’accento su questa colorita espressione come se fosse il male assoluto, vuol dire non voler evidenziare ciò che andrebbe condannato a gran voce. Abusare di chi, per motivi fisici e psicologici, è in netta inferiorità è da vigliacchi e lo diventa ancor di più quando a macchiarsi di quest’infamia sono coloro che indossano un abito sacro.

Eppure, il problema è quello lessicale.  Ma si sa, è molto più conveniente guardare la pagliuzza piuttosto che la trave!

Stefano Boeris

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