Malgrado gli sforzi della Comunità internazionale di trovare una soluzione pacifica al conflitto, questo insiste a mietere vittime

“La Guerra in Ucraina si sta avvicinando, nella pressoché totale indifferenza mondiale, al suo primo anniversario, ma i combattimenti, e le sofferenze patite dalla popolazione civile, non sembrano conoscere fine”. A dirlo è stato il Consiglio di sicurezza dell’ONU, che per voce del suo rappresentante per gli affari politici, Rosemary DiCarlo, ha evidenziato come, a dispetto di qualche timido spiraglio, il tempo delle trattative di pace sia ancora lontano, prevalendo fra le parti la volontà di continuare le ostilità.

Malgrado gli sforzi della Comunità internazionale di trovare una soluzione pacifica al conflitto, questo insiste a mietere vittime. Infatti, secondo le Nazioni Unite, da febbraio scorso le morti fra i civili sono state oltre seimila, di cui 1547 donne e 440 bambini. Numeri che descrivono una vera e propria “pulizia etnica” perpetrata da Mosca per occultare i crimini di guerra fin qui commessi.

Per Amnesty International, inoltre, le truppe russe avrebbero torturato e massacrato intere colonie di cittadini ucraini e ha chiesto che in proposito venga aperta un’inchiesta. Una richiesta alla quale ha già risposto Londra, che si è detta disponibile ad ospitare un giudizio sui fatti al termine del conflitto. Al momento, però, le posizioni dei belligeranti restano a una distanza siderale.

Ne è una dimostrazione la tregua annunciata per il 7 gennaio, giorno del Natale Ortodosso, e tragicamente naufragata dopo poche ore. Su iniziativa del Patriarca di Mosca, il Cremlino aveva infatti acconsentito ad interrompere le ostilità per trentasei ore. Un gesto simbolico, non dissimile a quello intercorso fra la Francia e la Germania durante la Grande Guerra, ma che ha subito deluso chi sperava nella pace almeno a Natale. Secondo Kiev, la tregua è stata solo un diversivo per consentire ai russi di riorganizzare la propria macchina bellica, in vista dell’offensiva che si sta svolgendo in queste ore fra Bakhmut e Soledar. Dello stesso avviso Washington, che ha giudicato il gesto un maldestro tentativo di Putin per riprendere fiato e scongiurare ulteriori perdite fra i suoi soldati. Accuse respinte da Mosca al mittente e a cui ha fatto seguito un imponente attacco missilistico su Donetsk.

A Soledar, nuova città martire dell’inferno ucraino, le incursioni aeree si susseguono frenetiche e implacabili. All’opera, fra le strade di una città spettrale, ci sono anche i mercenari del Gruppo Wagner, lodati da Putin per la loro sanguinaria opera di annientamento della resistenza ucraina. Un segno tangibile, quest’ultimo, delle difficoltà in cui versa il leader russo, costretto ad affidarsi ad una schiera di “tagliagole” per celare le proprie sconfitte sul campo.

Fonte: CNN

Non a caso, Putin ha già sostituito quattro generali e, per ovviare alle perdite di uomini e mezzi, è sempre più costretto a fare leva sui coscritti. Nelle intenzioni del Cremlino, vi sarebbe, infatti, la necessità di dotarsi di un nuovo esercito di due milioni di volontari da inviare presto al fronte. Un’ipotesi che dispiace pure ai suoi oligarchi, i quali non nascondono più i loro timori riguardo al perdurare della guerra.

Del resto, Putin ha più volte ribadito che negozierà una vera tregua solo dopo essersi assicurato il controllo del Donbass. Una pretesa osteggiata da Zelensky, il quale, reclamando finanche la restituzione della Crimea, impedisce di fatto qualunque accordo di pace. Da qui il cristallizzarsi del conflitto e il proliferare di effetti nefasti sull’economia mondiale.

L’Ucraina, come è noto, è ricca di materie prime e la loro distruzione rischia di turbare gravemente gli equilibri dei mercati. Lo abbiamo visto quest’estate, allorché il grano bloccato nel porto di Odessa stava per trascinare il mondo verso una carestia globale. Lo vediamo quotidianamente, qui da noi in Occidente, con il prezzo del gas e della luce fuori controllo, calmierato solo in parte dal tetto imposto dall’Unione Europea. Rischiamo di vederlo nelle prossime settimane, essendo Soledar uno dei principali siti di esportazione del sale. Ebbene, proprio all’Europa, gigante silente innanzi ai grandi mali del pianeta, si dovrebbe chiedere uno sforzo in più per realizzare la pace.

Come diceva David Sassoli, scomparso giusto un anno fa, l’Europa è “una grande potenza di pace messa fra l’Atlantico e gli Urali”. Una potenza che oggi non riesce a sedare i conflitti al suo interno, ma che ciononostante è temuta dalle autocrazie per i valori di giustizia e libertà di cui è tuttora la custode naturale. 

Gianmarco Pucci

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *