Bisognerebbe strutturare per via istituzionale lo strumento dello smartworking?

Una delle principali novità legate alla pandemia di Covid-19 è stato il ricorso allo Smart Working, elemento poco diffuso in precedenza in Italia. Soprattutto nella fase più dura, tra marzo e maggio 2020, esso si era rivelato utile per il mantenimento delle relazioni lavorative.

Attualmente la sfida per l’esecutivo è normare definitivamente lo smart working, dato che esso è ancora pensato più in forma emergenziale e episodica e viene gestito dalle singole aziende. In particolare, occorre normare le regole del telelavoro, il diritto alla disconnessione e altri aspetti circa orari e forme di controllo della produttività.

Fonte: La Stampa

Infatti, tra le criticità, vi sono da un lato l’aumento del carico di lavoro e dall’altro una minore attività da parte di alcuni lavoratori, dato il minor “controllo” sull’operato. Tra le categorie che hanno usufruito dello smart working e, che si erano trovate nell’occhio del ciclone, vi sono i dipendenti pubblici, in particolare insegnanti e lavoratori amministrativi che, a causa delle varie chiusure, avevano operato lungamente in telelavoro.

Si era poi duramente discusso sulla proposta del Ministro Brunetta circa le modalità di smart working del pubblico impiego che, a detta dell’allora titolare della PA, doveva essere ridotto al 15% del personale, contro una media attuale del 37%. In particolare, Brunetta riteneva fondamentale il ritorno in ufficio sia per sostenere la crescita che per aumentare la produttività.

Tutto ciò era pensato insieme ad interventi normativi finalizzati alla regolamentazione e al coordinamento del lavoro.

Tuttavia, il piano non aveva trovato il favore dei sindacati, che avrebbero voluto discutere di ciò unitamente al rinnovo dei contratti. Indubbiamente, la questione dello smart working è oggi centrale e il suo regolamento può contribuire a migliorare la produttività, dunque è necessario trovare un giusto equilibrio che consenta sia un’ulteriore spinta alla crescita che il mantenimento della flessibilità lavorativa, che trova riscontro positivo tra i dipendenti.

Da quel momento le proposte per la regolamentazione dello smartworking sono state di scarso impatto e mancanti di organicità e strutturalità. 

Alberto Fioretti

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