Renzi ha tutte le carte in tavola per giudicare le sgrammaticature istituzionali della Meloni in politica estera?

Sono passati esattamente due anni da quando Matteo Renzi si lasciava alle spalle il disordine politico della propria nazione (del quale era, incidentalmente, principale artefice) spostandosi in Arabia Saudita per una serie di ormai note conferenze e, non ultimo, per avere un delirante vis a vis con il principe ereditario Mohamed Bin Salman.

Nel traballante ma imperturbabile inglese che caratterizza le sue esternazioni internazionali, il Nostro elogiava l’illuminata direzione della famiglia regnante, nella quale venivano ravvisati, nientemeno, i segni di un nuovo Rinascimento. Dopo una raffica di complimenti indirizzata al sorridente sceicco, sulla quale illuminazione, dopo le oscure circostanze del caso Kashoggi, grava ancora qualche ragionevole dubbio, una surreale, italianissima battuta rappresentava l’indubbia perla del discorso.

Fonte: Fanpage

“Non posso parlare del costo del lavoro a Riyadh, perché da italiano sono molto invidioso”. Questa la dissennata affermazione di colui che oggi si erge a giudice inflessibile dell’attuale esecutivo. Renzi, che al governo fu disinvolto deregolatore del mondo del lavoro italiano, rimpiangeva la fluidità di una realtà occupazionale che assorbe titaniche quantità di immigrati esteri, pagati pochissimo e in condizioni di effettivo caporalato.

Si può solo immaginare l’invidia che proverebbe nello scoprire che nel vicino Qatar, come rivela il Guardian in questi giorni, sono morte almeno 6500 persone durante i lavori di allestimento della Coppa del Mondo che si è tenuta un paio di mesi fa. Questo su una popolazione di 2,7 milioni.

Per capirne l’assurda proporzione, nel 2018 in Italia i morti accertati sul lavoro sono stati 1218, su una popolazione di 60 milioni. Sulla scorta del riformismo renziano, si può ipotizzare ammirati che ambienti lavorativi così liberi e poco controllati risolverebbero così, more malthusiano, innumerevoli, gravose questioni economiche del nostro paese, prima fra tutte quella annosa delle pensioni.

A due anni di distanza non è francamente scemata la perplessità su una delle tante prese di posizioni opinabili e sgangherate dell’illustre cittadino di Rignano sull’Arno.

Alberto Fioretti

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