Rimanere in silenzio, significa diventare complici di questo sistema malavitoso

“SOS racket parcheggi” non è solo il titolo di questo articolo ma anche un grido di allarme e di denuncia per una realtà che è sotto gli occhi di tutti ma che sembra non interessare chi dovrebbe e potrebbe intervenire pesantemente.

Parcheggiare a Roma, lo sappiamo bene, è una vera e propria impresa per la mancanza di posti auto su strada e per un numero limitato di autorimesse comunali che non riescono a soddisfare le esigenze del traffico. Quando vennero ideate le strisce blu, l’idea di fondo era quella di movimentare l’entrata e l’uscita delle vetture generando un ricambio che permettesse a più persone possibili di usufruire dei parcheggi.

Questo risultato non si è mai realmente concretizzato: tra furbetti che non pagano, permessi speciali, tariffe forfettarie per intere giornate e, da qualche tempo, auto ibride, i posti blu sono diventati veri e propri “feudi” per gli automobilisti che, una volta sistemata l’auto, tornano a riprenderla dopo un tempo interminabile.

La musica non cambia molto se parliamo delle strisce bianche con obbligo di disco orario.

A tutto ciò si somma un vero e proprio dramma per gli automobilisti: il pizzo da pagare agli abusivi. Queste persone, (extracomunitari, zingari o romani con un vissuto ai margini della legalità (per essere magnanimi)) fanno parte di un vero e proprio giro criminale che ha preso il controllo di diversi punti nevralgici della città e che posiziona i suoi sgherri per estorcere denaro agli automobilisti.

In maniera molto chiara, quando si arriva ad un posteggio a strisce blu, oltre a pagare la sosta al comune di Roma attraverso l’apposita colonnina, si viene raggiunti da una persona che magari un istante prima ha segnalato dove mettersi e che chiede dei soldi con la scusa di “controllare” il veicolo parcheggiato.

Apparentemente il pagamento sembrerebbe volontario ma è risaputo che ad una risposta negativa dell’automobilista corrisponde un danno non indifferente alla carrozzeria dell’auto.

Questo racket esiste ormai da decenni e lo si trova in quei punti di sosta che sono posizionati a ridosso di ospedali, ristoranti, parchi pubblici e che vedono un flusso notevole di persone giungere con il proprio mezzo.

Cosa si aspetta ad intervenire? Per quanto tempo ancora i romani (e non solo) dovranno sopportare questo sopruso? Perché la Polizia municipale non interviene e con essa anche i politici capitolini?

Queste domande, ahimè, rischiano di non trovare risposta. Rimanere in silenzio, però, significa diventare complici di questo sistema malavitoso.

Stefano Boeris

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *