Per la prima volta, dalla fine del Secondo Conflitto Mondiale, l’Italia avrà un premier di destra. Un simile evento non accadeva dai tempi di Benito Mussolini, divenuto Primo Ministro esattamente un secolo fa, il 28 ottobre 1922
Quella di domenica è stata una notte ricca di emozioni per Giorgia Meloni e il suo partito. Per la prima volta, infatti, dalla fine del Secondo Conflitto Mondiale, l’Italia avrà un premier di destra. Come ha ricordato anche la CNN, un simile evento non accadeva dai tempi di Benito Mussolini, divenuto Primo Ministro esattamente un secolo fa, il 28 ottobre 1922.
Tuttavia, questo fatto, come riportato anche da altri autorevoli media internazionali, non rappresenta attualmente un rischio per la democrazia italiana. Al contrario, essa sembra essersi rafforzata, poiché per la prima volta nella nostra storia il premier sarà una donna eletta dal popolo. Una soddisfazione doppia, dunque, quella vissuta da Meloni, largamente preannunciata dai sondaggi e pregustata per molto tempo. Erano, almeno, quattordici anni che il centrodestra unito mancava dal governo del Paese. E tale unità, a quanto pare, ha premiato la coalizione a svantaggio di un centrosinistra apparso distante e litigioso.
Talmente lontano dal Paese reale che il PD, dopo aver rotto con Conte, si è dovuto arrendere all’evidenza di non poter fare a meno del M5S. L’appello di Letta a fermare il fascismo non ha evidentemente animato gli elettori, maggiormente spaventati dall’inflazione e dal rincaro energetico.
Neanche coloro che hanno difeso l’Agenda Draghi sembrano essere stati premiati dalle urne. Il Terzo Polo di Calenda e Renzi non è, infatti, riuscito ad aggiudicarsi quell’agognato terzo posto che gli avrebbe permesso di diventare l’ago della bilancia di questa legislatura.
Piuttosto bene, a dispetto delle aspettative, è andata, invece, ai cinque stelle. Questi, aggrappandosi al reddito di cittadinanza, hanno ottenuto un risultato degno di nota. Soprattutto al sud, dove la resa dei conti fra Conte e Di Maio si è conclusa a favore del primo. L’ex Ministro, casualmente, non è stato rieletto, perdendo nel collegio di Napoli contro il candidato del M5S, Sergio Costa.
Idem per Vittorio Sgarbi a Bologna ed Emma Bonino a Roma. Quest’ultima ha “poi” chiesto il riconteggio delle schede, essendo + Europa fuori dal Parlamento per una manciata di voti. Buono, sempre nel centrosinistra, è stato, infine, il risultato di Sinistra Italiana, che con quasi il 4% si è assicurata una piccola, ma coesa rappresentanza nelle Camere.
Tuttavia, a svettare in questa tornata elettorale, è stato, ancora una volta, l’astensionismo. Il partito del non voto si è nuovamente riconfermato il partito di maggioranza relativo, avanzando di dieci punti rispetto al 2018 (circa il 37%). Una questione che, nell’ora della vittoria, è stata affrontata anche da Giorgia Meloni, la quale ha affermato che sarà il premier di tutti gli italiani e che farà di tutto per vincere la rassegnazione di quanti non credono più nelle Istituzioni repubblicane. Si è anche detta pronta, ricordando “quelli che non ci sono più”, ad affrontare i problemi che affliggono il Paese, tenendo fede al programma elettorale di FDI. Dall’abolizione del reddito di cittadinanza alla flat tax, dalla difesa della famiglia tradizionale all’aumento delle pensioni minime, fino allo scabroso tema dell’immigrazione sono tanti i temi di cui ha parlato negli ultimi mesi.
Argomenti su cui pesano, però, delle incognite. A cominciare dai rapporti di forza all’interno del centrodestra. Malgrado la netta vittoria consegnata a FDI dalle urne (26%), l’appoggio di Lega e Forza Italia si rivelerà determinante. Specialmente di quest’ultima che, forte del proprio 8%, avrà giocoforza nell’influenzare le scelte del prossimo esecutivo. Berlusconi, in merito, ha già detto che Forza Italia garantirà il profilo atlantico ed europeista dell’alleanza. Specialmente se il nuovo governo dovesse andare troppo a destra, abbracciando l’ideologia razzista e antieuropea di Orban. Una questione che non ammette ambiguità, soprattutto adesso, con un inverno che si prevede molto difficile e con la Guerra in Ucraina che si appresta a vivere una nuova recrudescenza.
A tal proposito, Meloni ha dichiarato che non farà sconti a Putin e che la collocazione atlantica del nostro Paese non è in discussione. Un cambio di passo notevole, ma che non dipana completamente i dubbi sul futuro dell’Italia. Fra tutti quello di doversi pentire di questa inedita svolta a destra del Belpaese.
Gianmarco Pucci