Analizziamo una delle figure più estreme della politica francese

<<Dopo il XVII secolo, e più ancora dopo la Rivoluzione Francese, la Francia aveva acquisito l’abitudine di imporre la sua visione del mondo a un resto del mondo estasiato e sedotto da tante meraviglie. Oggi, non solo la Francia non arriva più a ricoprire questo ruolo, ma si vede costretta a ingoiare valori e costumi agli antipodi di quanto ha costruito per secoli.

Le élite politiche, economiche, amministrative, mediatiche, intellettuali, artistiche che hanno ereditato il maggio 68 se ne rallegrano. Hanno disintegrato un popolo privandolo della sua memoria nazionale, hanno frantumato la sua unità con l’immigrazione di massa, e ora osservano compiaciuti la Francia che crolla>>.  

Il testo è tratto da “Il Suicidio Francese”, saggio di Eric Zemmour edito nel 2014. Proprio quest’ultimo ci costringe ad una piccola deviazione nel nostro viaggio all’interno della galassia dell’estrema destra europea. Questo perché Zemmour non è un rappresentante politico, non esiste un vero e proprio partito alle sue spalle: eppure, nonostante la delusione delle ultime elezioni presidenziali, un numero non trascurabile dei francesi aventi diritto al voto, dal 5 al 10%, eleggerebbe proprio lui.

Giornalista di professione, ama definirsi polemista: seppur politicamente scorretto, il suo presenzialismo nelle tv francesi, i temi di controcultura trattati e il grande successo ottenuto dai suoi saggi, lo hanno reso il personaggio d’oltralpe più “pop”.

Fonte: Il Foglio

Ma come è diventato per un momento fugace l’anno scorso il più grande antagonista per En Marche e per Emmanuel Macron nella corsa all’Eliseo?  

Diplomato nel 1986 all’Institut d’études politiques, dopo aver peregrinato tra diverse testate giornalistiche, Eric Zemmour approda a Le Figaro nel 1996. Il giornale, con una linea editoriale conservatrice, ha contribuito a plasmare il pensiero politico e sociale del saggista francese. 

La biografia politica su Jacque Chirac, da lui scritta nel 2002, lo ha introdotto al grande pubblico; quello stesso pubblico che ha reagito con sdegno alla pubblicazione nel 2006 del libro: “Le Premier Sexe”. Il libro, edito in Italia da Edizioni Piemme con il titolo “L’Uomo Maschio”, presenta una visione della società profondamente misogina.  

Zemmour denuncia il processo sociale e politico che ha condotto all’abbandono di una visione societaria patriarcale, in favore dell’adozione di un’idea di società più “femminilizzata”. Come spesso accade, lo scandalo non ha fatto altro che accrescere la notorietà e l’appeal di Eric Zemmour. 

La svolta è arrivata nel 2014: l’Europa dei valori liberaldemocratici, nel pieno della sfida per l’accoglienza dei migranti provenienti dal Medio Oriente e dal Nord Africa, stava lentamente lasciando il passo a sentimenti nazionalistici e sovranisti.

In questo clima, la pubblicazione del nuovo libro di Eric Zemmour, “Il Suicidio Francese”, destò un enorme interesse, tanto da risultare un bestseller con oltre 500mila copie vendute. Il libro scava a fondo nei desiderata mal celati della società francese: le critiche alla globalizzazione, all’immigrazione incontrollata trovano una libera espressione all’interno di queste pagine. 

Anche l’elogio alla grandeurfrancese rientra tra gli argomenti trattati e tra le prerogative propagandistiche di Zemmour, che può essere annoverato tra i gollisti-bonapartisti: le sue dichiarazioni, che delineano l’Italia Settentrionale come branca distaccata della Francia e che vedono la convinzione per cui la stessa Francia debba permeare la società mondiale con la propria cultura, lasciano ben comprendere l’effettivo apprezzamento delle figure di Napoleone Bonaparte e Charles De Gaulle.

Proprio la leader del Rassemblement National è la più grande alleata e, allo stesso tempo, rivale del giornalista francese: infatti l’anno scorso la Le Pen ha temuto l’erosione dei consensi da parte di un candidato non ancora sceso ufficialmente in campo e l’ha condotta verso una dura campagna mediatica nei confronti di Zemmour, definito dalla stessa Le Pen eccessivamente radicale. 

Tuttavia, sono evidenti le convergenze programmatiche tra i due. Emmanuel Macron ha vinto anche approfittando di questa divisione. Inoltre, l’eccessiva polarizzazione dei contenuti, pone RN ed Eric Zemmour al di fuori di quell’arco repubblicano che li renderebbe protagonisti di alleanze e di cospicui risultati elettorali non ha giovato ai due sfidanti di Macron.

Alberto Fioretti

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