Il finanziamento pubblico ai partiti è stato abolito dal governo Letta. Per i partiti con una rappresentanza in Parlamento, esistono forme di finanziamento indiretto

L’inchiesta giudiziaria che coinvolse la fondazione Open, nata nel 2012 per sostenere le iniziative politiche dell’ex premier e fondatore di Italia Viva Matteo Renzi, ha riportato in auge uno dei temi più discussi degli ultimi anni: il finanziamento ai partiti.

Il finanziamento pubblico ai partiti è stato formalmente abolito dal governo Letta. In particolare, sono stati aboliti i rimborsi elettorali che avevano di fatto rimpiazzato negli ultimi anni il finanziamento vero e proprio, già eliminato con il referendum voluto dai Radicali nel 1993. 

Importante è sottolineare che, per i partiti con una rappresentanza in Parlamento, continuano a esistere forme di finanziamento indiretto regolamentati della Camera (art. 15 co.4) e dal Senato (art. 16 co. 1-2). Quindi, i gruppi parlamentari continuano a ricevere contributi per finanziare le loro attività istituzionali. Questi fondi vengono erogati attingendo al bilancio delle camere, a loro volta finanziati con soldi pubblici.

Inoltre, i partiti possono poi contare – sempre in base alla legge approvata dal governo Letta – sul “2xmille”, ovvero la piccola quota Irpef dovuta allo Stato che i contribuenti (analogamente all’ 8xmille per le confessioni religiose), possono destinare ai partiti (o allo Stato) in sede di dichiarazione dei redditi.

Ci sono poi le “erogazioni liberali”, cioè le donazioni private. Queste donazioni sono in parte detraibili fino a 30 mila euro e non possono comunque essere maggiori di 100 mila euro. Per fronteggiare il drastico calo delle risorse pubbliche destinate ai partiti, è significativamente cresciuto il fenomeno delle fondazioni, canali alternativi per finanziare le attività politiche.

Qui, gli obblighi di trasparenza nella raccolta dei fondi erano inferiori rispetto a quelli fissati per i partiti, ma di recente la legge “spazza-corrotti” voluta dal M5S ha provato a risolvere il problema equiparando ai partiti le fondazioni legate a forze politiche.

Il finanziamento pubblico è stato introdotto in Italia nel 1974 con la “legge Piccoli” e furono previste due forme differenti: il finanziamento ai gruppi parlamentari, obbligati a dare il 95% del ricevuto ai rispettivi partiti, e il finanziamento dell’attività elettorale per le varie elezioni. Negli anni successivi questi finanziamenti vennero aumentati e riformati fino ad arrivare al referendum del 1993 promosso dai Radicali sull’onda emotiva dello scandalo Tangentopoli. Il referendum abolì il finanziamento ai partiti tramite i gruppi parlamentari ma non i finanziamenti per l’attività elettorale. Successivamente furono approvate una serie di leggi con cui i rimborsi elettorali venivano aumentati e riformati.

In Germania la questione del finanziamento pubblico è stata a lungo discussa, con la Corte costituzionale che a più riprese ha bocciato le leggi che il Parlamento faceva in proposito, fino ad arrivare al sistema attuale che si fonda sui rimborsi elettorali e non sul finanziamento diretto. In Francia, il finanziamento pubblico è a carico del bilancio dello Stato e l’entità massima dell’erogazione è stabilita annualmente dalla legge finanziaria.

Fonte: Openpolis

L’ammontare degli stanziamenti è diviso in due modi: il primo destina fondi ai partiti politici in base ai voti ottenuti in occasione delle ultime elezioni per il rinnovo dell’Assemblea nazionale; la seconda in funzione della loro rappresentanza parlamentare. Sono poi previsti dei rimborsi – forfettari ma con dei limiti – per le spese elettorali e i privati possono fare donazioni, di nuovo entro certi limiti e con modalità specifiche.

Nel Regno Unito il finanziamento pubblico riveste tradizionalmente un ruolo marginale. Sono previsti – oltre gli incentivi finanziari destinati a tutti i partiti (policy development grants) – conferimenti in denaro solo per i partiti di opposizione, con l’idea di compensare i vantaggi che vengono al partito di maggioranza dall’essere al governo.

Nel 2018/2019 il Partito Laburista ha ricevuto meno di 8 milioni di sterline e tutti gli altri partiti meno di un milione di sterline. Sono poi possibili donazioni private, in un quadro di regole stringenti che garantiscono la trasparenza e la pubblicità delle operazioni.

Jacopo Gasparetti

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