In questo presente/futuro di “grandi cambiamenti”, cercando di non rimanere spettatori rassegnati, non dobbiamo mancare noi con la nostra esperienza e il nostro ottimismo
È diventato complicato fare programmi per il futuro. Il covid e la guerra ci hanno insegnato a vivere un po’ più alla giornata, interpretando più intensamente il nostro presente. Da un lato è un bene perché si riesce ad apprezzare meglio quello che si fa con i risultati che si ottengono, dall’altro ci complica perché l’abitudine ci ha sempre portato a pensare alla cosa successiva non avendo ancora completato quella precedente. Chi ha dei soldi da investire è difficile che oggi li metta in un progetto a lungo termine. Se ci sono decisioni importanti da prendere nel lavoro e nel privato oggi non si rimanda, probabilmente si rischia di più ma si accelera una scelta.
I dati danno separazioni e divorzi in rapido aumento e anche nei settori più disparati del business, aziende considerate intoccabili vengono cedute o si consumano accordi fino a poco tempo fa assolutamente impensabili. In questo scenario sociale, inimmaginabile solo un paio di anni fa, chi ha un lavoro stabile e quotidiano deve un po’ reinventarsi. Non essendo più possibile “rimandare” chi ha una responsabilità verso gli altri deve necessariamente cambiare marcia.
Il cittadino ha bisogno di risposte nei tempi giusti. Sente di non avere più tempo per aspettare, ha fretta di concludere e risolvere in un modo o in un altro problema trascinati. Questo vale in particolare nel mondo del pubblico ma anche nel privato a manager qualificati viene sempre più richiesta concretezza nelle loro scelte e nei risultati piuttosto che una buona immagine. Avere una specializzazione oggi è vincente, scardina velocemente le diffidenze di chi deve affidare un progetto o l’elaborazione di una idea. Il giovane tuttologo fatica a trovare spazi e comunque saranno sempre di retroguardia.
Chi, invece, ha tenacemente approfondito una tematica provoca un’attenzione diversa, una curiosità, viene il più delle volte preferito. Ci sono finalmente lavori nuovi in vari campi che consentono anche negli studi di cercare altro che i soliti indirizzi tradizionali. Basta continuare ad ingolfare le già da tempo sature schiere di avvocati, commercialisti, notai, il futuro che già c’è richiede altro. Largo spazio quindi a chi ha inventato un app capace di aiutare il nostro tesoro principale: il turismo e l’accoglienza. In un mondo cambiato velocemente anche su questi temi, l’offerta deve privilegiare la qualità non necessariamente da ricercare nel lusso.
Gli esperti di marketing nel campo alimentare sfornano prodotti nuovi in cui la ricerca ha diminuito gli ingredienti concentrandosi sull’obiettivo “più sano più digeribile “moltiplicando su questo gli investimenti pubblicitari. Il sistema bancario ancora stenta a vincere una lunga guerra con la propria burocrazia, troppe carte, troppe firme, mentre il mondo assicurativo vive un periodo frizzante in cui lancia nuove proposte adeguandosi velocemente alla realtà dei tempi e investendo molto sulla formazione del personale.
Chi è rimasta al palo, che vuol dire aver sprecato un’opportunità, è la sanità che poteva rilanciarsi uscendo più forte e strutturata dal dramma della pandemia. Non l’ha fatto o almeno non ci sono novità eclatanti come tutti noi ci saremmo aspettati. Più investimenti sui reparti, sul personale, sulla ricerca. Per ora grandi promesse e pochi fatti. Quello che continua a non migliorare, mentre dovrebbe essere il punto di inizio di tutto, è il rapporto medico-paziente.
Nel pubblico quasi inesistente, con eccellenze positive in rari casi, nel privato ancora molto deludente. Manca una cultura di base di “informazione” al paziente. Il medico non riesce ad essere comunicativo, raramente rassicurante. Dieci minuti in più basterebbero a spiegare meglio una diagnosi, ad essere più chiari sui tempi di recupero di un post-operatorio, a stabilire quel briciolo di rapporto umano fondamentale per far nascere una fiducia o come anche banalmente scrivere una ricetta “leggibile” sarebbe determinante. È un paese, il nostro, che ha bisogno di più formazione.
Non c’è un campo in cui ci si può permettere oggi di essere superficiali o approssimativi, tantomeno nel campo sanitario. Gli investimenti europei che verranno saranno unici ed irripetibili voglio sperare che lo sappia bene chi dovrà dare le priorità a come utilizzarli.
In questo presente/futuro di “grandi cambiamenti”, cercando di non rimanere spettatori rassegnati, non dobbiamo mancare noi con la nostra esperienza e il nostro ottimismo.
Raimondo Astarita