Attendiamo che cortei formati da centinaia/migliaia di musulmani in tutto il continente si costituiscano per condannare con forza e determinazione il vile attentato. C’è, però, motivo di credere che tale speranza resterà vana

È successo nuovamente e sempre in quell’area considerata il “cuore” del continente europeo, il Belgio. La sera del 16 ottobre scorso un uomo, con tanto di kalashnikov al seguito, ha sparato uccidendo due persone e ferendone una terza. Le vittime erano di nazionalità svedese come pure la persona ferita.

Siamo a Bruxelles, Capitale “de facto” dell’Unione Europea ed in quella medesima città che dovrebbe rappresentare la mente del vecchio continente, un uomo ha potuto portare a termine i suoi piani demoniaci col rischio di provocare una strage ancor più grande.

Dopo aver sparato al grido di “Allah Akbar” (Dio è grande), infatti, Abdesalem Lassoued (questo il nome del killer) si è recato verso lo Stadio dove era in corso una partita tra Belgio e Svezia. Trentacinquemila persone, ignare di quanto successo, sono piombate in un incubo non appena la notizia si è diffusa. Per ovvi motivi di sicurezza, i tifosi sono stati trattenuti all’interno dell’impianto sportivo, in attesa che la Polizia belga riuscisse a bloccare il terrorista.

Fonte: Sky TG24

Dopo una caccia durata diverse ore, gli uomini in divisa hanno innescato un conflitto a fuoco che ha visto la peggio per il servo di Allah con l’arresto nel quartiere di Scharbeek, il ferimento e la morte dello stesso.

Ma chi era Abdesalem Lassoued? Tunisino, quarantacinquenne, radicalizzato all’Islam, era già noto ai servizi segreti e, probabilmente, aveva trascorso una parte della sua vita anche in Italia.

Fonte: Il Messaggero

Nel 2019 aveva fatto domanda di asilo e, sempre dalle notizie emerse, avrebbe ottenuto il domicilio presso il quartiere di Schaerbeek, area di Bruxelles tristemente nota per la provenienza di uno degli attentatori dell’Isis che colpirono il Belgio (e più in generale l’Europa), durante il periodo più buio del terrorismo islamico.

Ma la gravità di questo attentato aumenta in maniera esponenziale se si pensa che l’episodio è avvenuto a pochissimi giorni di distanza dall’attacco di Hamas (il gruppo terroristico palestinese) in Israele. Esiste un collegamento tra le due parti? Probabilmente sì.

Come più di qualcuno, nel commentare quanto successo in nord Europa, ha fatto notare, un kalashnikov non è certo un’arma che si può ottenere con facilità. Non è una pistola e neanche un coltello da cucina. Appare, dunque, evidente come dietro queste persone che, in maniera colpevolmente miope, si identificano ancora come “lupi solitari”, esista un’organizzazione terroristica che, nel corso degli anni, ha potuto instaurare cellule dormienti pronte ad entrare in azione al primo cenno di attacco.

E la cosiddetta “intelligence”? Una realtà che dovrebbe proteggere i cittadini di ogni singolo Stato ha mostrato falle imperdonabili e non solo in quest’ultima circostanza. Oggi il terrore è presente in ogni parte del Continente: basta un furgone carico di esplosivo, con due uomini armati fino ai denti che irrompe in un’area piena di gente per bypassare il tanto decantato “servizio di investigazione”. L’effetto “sorpresa” sembra essere sempre dalla parte degli attentatori.

In questi giorni sono andate in onda immagini di cortei studenteschi (al cui interno c’erano anche persone con i capelli bianchi “leggerissimamente” fuori corso) che hanno manifestato per la Palestina (e fin qui niente di male) ma anche per Hamas, che ripetiamo essere un’organizzazione terroristica. Purtroppo, l’ignoranza è la madre di tutti i mali e chi urlava “Palestina libera” appoggiava pienamente anche l’organizzazione criminale ed i suoi metodi facendone un’unica entità.

Fonte: Tempi

Fonte: Sky TG24

Fonte: Affari Italiani

Contemporaneamente abbiamo celebrato l’ottantesimo anniversario del rastrellamento al Ghetto di Roma dove, esponenti della politica, dell’informazione e della cultura, si sono “calati” nel ruolo di ebrei. Peccato che ci si senta falsamente giudaici solo quando si tratta di ricordare il vergognoso gesto compiuto dalla dittatura nazista per poi cambiare casacca, dopo 24 ore, e parlare di Palestina/Hamas come parte da sostenere.

Fonte: Agenzia Dire

Quanto avvenuto a Bruxelles è solo la punta di un iceberg destinato a crescere sempre più. Chi ancora si ostina a voler isolare certi episodi parlando di esaltati, lupi solitari, pazzi che non rappresentano un pericolo per la nostra democrazia ed il nostro futuro, mente sapendo di mentire. Quando il malato mentale è uno allora si può anche accettare una visione di questo genere; al contrario, quando i numeri crescono in maniera esponenziale, allora non possiamo più voltare la testa dall’altra parte. Siamo in guerra e non vogliamo ammetterlo!

La frase “Allah akbar” (Dio è grande) è una frase che ormai risuona in tutta Europa, dalle Capitali alle piccole realtà. Attendiamo che cortei formati da centinaia/migliaia di musulmani in tutto il continente si costituiscano per prendere le distanze da quanto avvenuto, condannando con forza e determinazione il vile attentato. C’è, però, motivo di credere che tale speranza resterà vana.

Forse, l’unico modo per scendere a patti con questi invasori, salvando la nostra “sicurezza” sarebbe voltare le spalle ad Israele, come del resto è già avvenuto nella Storia. Una soluzione che nessun politico ammetterà mai ma che, alla luce dei fatti e misurando il nostro grado di vigliaccheria, appare come l’unica soluzione possibile.

Stefano Boeris

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