Auguriamoci che questo sia il primo di una serie di interventi volti a dare nuova luce ad una zona che merita più rispetto

Erano tanti, troppi anni che la struttura situata nel cuore del quartiere Flaminio conosciuta come il “Palazzetto dello Sport” aveva assunto un aspetto a dir poco avvilente. Scritte, erbacce, pezzi di cemento a terra; insomma, uno stato di abbandono totale.

I miei primissimi anni di vita li ho trascorsi proprio in quel quartiere, a due passi dal “Villaggio Olimpico” di cui Stadio e Palazzetto dello Sport sono i due simboli per eccellenza. Ricordo quando, dall’esterno, si intravedevano le luci ed il pubblico pronto a tifare per una determinata squadra.

Una struttura creata appositamente per le Olimpiadi del 1960. Il piano fu presentato da Annibale Vitellozzi, progettista dello Stadio dei Centomila, della facciata della Stazione Termini ed anche del completamento dello Stadio Olimpico e vide la consulenza di Pier Luigi Nervi che si occupò delle realizzazioni statiche in cemento armato.

Un impianto circolare di quasi 60 metri di diametro con una cupola di copertura di circa 10. Il diametro del rivestimento esterno, invece, è di circa 78 mt. La misurazione totale della struttura era stata pensata sull’ordine dei 4.800 mq di spazio.

Un’idea che avrebbe dato lustro non solo al quartiere ma a tutta la Capitale. Ed infatti così fu. I lavori ebbero inizio nel luglio del 1956 per terminare il 15 settembre del 1957 (un tempo da record) e ciò valse il primato di primo impianto realizzato e finito per l’evento sportivo tanto atteso.

Peccato, però, che col passare degli anni tanto il Palazzetto quanto lo Stadio siano diventati veri scheletri in cemento, segno di un menefreghismo da parte delle istituzioni che, purtroppo, noi romani siamo abituati a vedere.

Da qualche tempo a questa parte, però, sono iniziati i lavori di ristrutturazione della struttura: quello che sembrava essere ormai un ricordo è tornato a vivere ed oggi è possibile assistere ad una pulitura del piazzale antistante con tanto di sbarra all’ingresso, una facciata interamente ripulita come pure gli interni. Speriamo che non venga meno il controllo dell’area. Sì, perché uno dei grossi problemi di questi lavori consiste nel mantenimento futuro della pulizia e dell’ordine.

E se inizialmente tutto appare degno di ammirazione, col passare del tempo (pochi anni o addirittura mesi), quelle realtà rigenerate tornano ad essere proprietà di nessuno, ricettacoli di sbandati che lì dormono, bevono, imbrattano muri e quant’altro.

Quello del Villaggio Olimpico è un cruccio che dovrebbe essere affrontato una volta e per sempre: oggi, in quell’area dove un tempo vi erano le giostre, c’è l’Auditorium “Parco della Musica – Ennio Morricone” che, per la sua importanza, meriterebbe anche una realtà limitrofa più curata.

Le case, concepite per ospitare gli atleti, sono state lasciate in uno stato di incuria pur divenendo abitazioni private; ed anche la zona a ridosso del viadotto di Corso Francia, vede camper di zingari e presenza di transessuali intenti a salire in macchina di qualche cliente per poi “nascondersi” nelle tante vie secondarie, con la complicità del buio.

Auguriamoci che il restauro del Palazzetto dello Sport sia il primo di una serie di interventi volti a dare nuova luce ad una zona che merita senz’altro più rispetto.

Chissà se lo Stadio Flaminio sarà il prossimo impianto ad essere riportato in vita. Lo scopriremo solo vivendo!

Stefano Boeris

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