Una situazione finita con un nulla di fatto ma che avrebbe potuto prendere una piega ben diversa e drammatica

L’era “Social” ha ormai invaso le nostre vite in tutti i modi possibili e immaginabili: siamo sempre pronti a seguire foto, video, commenti di amici o illustri sconosciuti che pubblicano, sulle varie piattaforme, momenti della propria esistenza per ricevere riscontri di varia natura.

Ma il nostro ruolo va oltre quello di semplici “spettatori”: infatti, se da un lato ci piace curiosare nel privato delle persone (che evidentemente tanto privato non è), dall’altro siamo i primi a postare eventi di qualsivoglia natura in cui siamo noi i protagonisti, nella speranza che gli altri adottino il medesimo atteggiamento e grado di interesse.

Poco tempo fa, mi è capitata una situazione tutt’altro che anomala, conoscendo il mondo dei Social e più in generale del Web ma che mi ha spinto a riflettere su come un problema vada sempre affrontato nella sua interezza e mai parzialmente.

Come milioni di persone anch’io posseggo due profili: il primo su Facebook ed il secondo su Instagram. A differenza, però, di tanti utenti che mantengono le proprie pagine “aperte” (visibili, cioè, a chiunque, partendo dall’immagine di copertina, sino ad arrivare alla richiesta di amicizia), io ho provveduto ad attivare tutte le restrizioni messe a disposizione dalle singole piattaforme perché voglio che i miei contatti siano reali e non falsi. Di conseguenza, accetto e chiedo l’amicizia solo quando conosco personalmente l’interessato/a.

E se questa conoscenza non c’è, acconsento (molto raramente) qualora con la persona in questione ci siano una o più amicizie in comune (anche perché questo è il solo modo per vedere il mio profilo).

Ebbene, un giorno mi è giunta su Facebook la richiesta di amicizia da parte di una giovane e bella ragazza che non conoscevo. Sono entrato sulla sua pagina ed ho visto che avevamo due contatti in comune. Due persone che stimo moltissimo.

Fonte: HDBlog

Ho, dunque, accettato anche se, forse per un discorso di esperienza (e quindi di età che avanza), avevo intuito che c’era qualcosa di poco chiaro. Pochi istanti dopo, ecco giungermi in privato (attraverso il sistema di chat “Messenger”) il primo messaggio della gentile fanciulla: “Ciao, grazie per aver accettato la mia richiesta di amicizia. Sono nuova su Facebook e mi piacerebbe allargare le mie conoscenze. Spero che la cosa non ti dia fastidio”.

Un messaggio educato a cui, con altrettanta cortesia ho risposto, specificando di aver acconsentito solo perché avevamo due stessi amici.

A questo punto, la ragazza ha iniziato a farmi domande sulla mia vita ed io, volutamente, sono stato al gioco perché sapevo che a breve si sarebbe fatta un clamoroso autogol. Mi ha chiesto dove vivessi, gli anni, il lavoro e cosa stessi facendo in quel preciso momento. Ad ogni mia risposta, ne corrispondeva una sua, seguita da una nuova curiosità sul sottoscritto.

Nel bel mezzo della conversazione ecco arrivare l’interrogativo a mo’ di “preparazione” all’autogol: “Sei sposato o sei single?” “Sono sposato”. Ed ora il tiro clamoroso e la rete: “Ti piace il sesso?”

A tale richiesta ho replicato nel seguente modo: “Scusa [nome della persona] ma questa domanda è volta ad ampliare il tuo giro di amicizie e conoscenze su Facebook?” rimuovendola, immediatamente, dai miei contatti prima che lei potesse rispondere.  

Questa situazione, finita con un nulla di fatto, avrebbe potuto prendere una piega ben diversa e drammatica. Se io avessi accettato di continuare il “gioco” dando a questa bella ventiseienne un appuntamento a metà strada tra la mia e la sua città, se avessi accettato di dare seguito alla sua ultima domanda passando dalle parole ai fatti e se, nella mia mente assassina, dopo essermi divertito avessi usato violenza sulla sua persona, lasciandola a terra in fin di vita, oggi ci sarebbe un nome in più nel già lunghissimo elenco di donne uccise.

Fonte: Alley Oop – Il Sole 24 ORE

Lungi da me giudicare questa ragazza anche se la prima etichettatura è facilmente intuibile. Ipotizzando che questa persona (maggiorenne e in grado di intendere e di volere) abbia usato “superficialità” nell’uso di un social network come Facebook, possiamo dire che se da un lato abbiamo mostri dalle sembianze umane, dall’altro scorgiamo anche tanta ed imperdonabile leggerezza?

Si è fatto un gran parlare in merito alle parole usate dal giornalista Andrea Giambruno sui comportamenti che le ragazze dovrebbero adottare quando escono la sera per divertirsi. Senza tornare sulla vicenda, viene però da chiedersi se sia lecito parlare sempre e solo di bestialità maschile (a mio parere deprecabilissima) o se vadano condannati anche certi comportamenti immaturi da parte di donne che pensano di poter giocare col fuoco senza mai bruciarsi.

Ai posteri l’ardua sentenza!

Stefano Boeris

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