Si sente molto parlare dell’Ucraina e della Palestina ma qual è la situazione in Sudan?

Il 25 ottobre del 2021 le forze armate avevano arrestato il primo ministro sudanese Abdallah Hamdok. Il golpe era arrivato dopo settimane di tensioni tra gruppi militari e civili, entrambi facenti parte del governo di transizione che si è insediato dopo il regime trentennale di Abdel Fattah Burhan.

Nonostante i militari avessero promesso libere elezioni nelle piazze di Khartoum si erano svolte nei giorni successivi proteste pacifiche che chiedevano libertà e democrazia. Alle voci dei sudanesi ha risposto una comunità internazionale tardiva ed ipocrita.

Fonte: Centro Studi Internazionali

Il golpe, infatti, era prevedibile ma la crisi del multilateralismo, già in atto da diverso tempo, ha impedito anche questa volta alla comunità internazionale di trovare un’unica ed efficace soluzione. Gli interessi economici e strategici, che nella regione dell’Africa Orientale non sono pochi, hanno distolto l’attenzione sulla transizione democratica del Sudan.

Le agende, sia quelle dei paesi vicini che quelle dei paesi non africani, divergono e il rischio più grande è che i golpisti si trasformino in interlocutori dei paesi non-democratici del mondo. Grossissimi sono gli interessi dei paesi arabi e mediorientali che hanno un proprio piano politico, economico ed identitario. Poi c’è la Turchia, che   ha visitato tre paesi africani e ha aperto oltre 40 ambasciate.

Infine, la Cina e la Russia, entrambe interessate ad imporre il proprio modello sul fronte economico, politico e dei diritti umani. L’unico paese che aveva reagito al golpe erano stati gli Stati Uniti, che avevano imposto dure sanzioni economiche ma poco risolutive.

Vista la sanguinosa guerra civile che ha poi caratterizzato gli oltre due anni successivi e che infuria in tre regioni diverse del paese, dove l’esercito “regolare” sudanese è ingaggiato da formazioni paramilitari guidate da generali ribelli, sarebbe necessario che la comunità internazionale si ponesse nei confronti del Sudan non soltanto come intermediario finanziario ma anche come sincero mediatore fra le parti coinvolte con una qualche intenzione di porre fine al conflitto.

Alberto Fioretti

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