Vediamo come l’intricatissima situazione del Libano si sovrappone alla tragedia ucraina

Negli ultimi anni il Libano sembra sia caduto vittima di una maledizione. Prima la pandemia di Coronavirus, poi l’esplosione del porto di Beirut ed infine la guerra in Ucraina. Ma se le prime due disgrazie hanno avuto un impatto diretto sul piccolo paese del Medio Oriente, cosa c’entra il Paese dei Cedri con l’Ucraina? La risposta è il pane. Il Libano importa infatti più dell’80% del suo grano dall’Ucraina. In totale Beirut riceve da Ucraina e Russia più del 95% del suo fabbisogno di grano a livello nazionale.

E sicuramente la guerra non ha giovato le importazioni di questa materia prima fondamentale, il che rischia di affossare il Libano in una crisi alimentare gravissima nel giro di pochi mesi.

Mercoledì scorso il ministro dell’Economia libanese Amin Salam ha annunciato lo stanziamento temporaneo da parte del governo di 15 milioni di dollari per far fronte alla crescente carenza di pane nel paese. Si tratta di fondi distribuiti una tantum agli importatori di grano e farina in modo da mantenere calmierato il prezzo del pane. La classe politica sta infatti cercando di tenere a bada la popolazione in vista delle elezioni legislative in programma per il prossimo 15 maggio.

Fonte: Per I Diritti Umani

Il premier Najib Mikati ha spiegato però che il regime di sovvenzioni statali alla popolazione è destinato a terminare. Il pane, la benzina e gran parte dei medicinali sono infatti da decenni sovvenzionati dallo Stato, ma le casse del governo si stanno prosciugando.

Dal 2019 il Libano sta attraversando una crisi finanziaria che la Banca Mondiale annovera tra le tre peggiori al mondo dalla metà dell’800, in termini di effetti sul tenore di vita. La lira libanese ha perso oltre il 90% del suo valore dall’autunno 2019 e la disoccupazione è salita alle stelle. Il PIL, secondo i dati della Banca mondiale, è crollato di circa il 58% in tre anni, a 22 miliardi di dollari l’anno scorso, dai 55 miliardi di dollari del 2018, l’ultimo anno intero prima dell’inizio della crisi. Anche il reddito pro-capite è diminuito all’incirca della stessa percentuale durante quel periodo, portando più di metà della popolazione sotto la soglia di povertà. La Banca mondiale ha spiegato che “una contrazione così brutale e rapida è solitamente associata a conflitti o guerre”.

L’annosa guerra che si sta combattendo nel Paese dei Cedri è quella contro la corruzione, che ha raggiunto livelli spaventosi negli ultimi anni, portando l’intero sistema finanziario al collasso.

Il governatore della Banca del Libano, Riad Salameh, è considerato l’artefice di uno schema di Ponzi che dura da trent’anni e che ha portato al fallimento del sistema bancario del paese. Salameh è infatti uno dei cinque sospettati finiti sotto le lenti di un’indagine internazionale per riciclaggio di denaro e sulla presunta appropriazione indebita di oltre 330 milioni di dollari alle casse dello stato.

Alberto Fioretti

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