Limonov, semplicemente. L’uomo che ha fatto della sua vita un’avventura; della sua persona un personaggio memorabile

Irriverente, politicamente scorretto, insaziabile; nuotatore controcorrente, soldato, uomo fuori dagli schemi. Ma anche sensibile, amante della vita e delle belle donne russe, magre, in carne, bionde, more, più giovani, più grandi, instabili. Per descrivere Eduard Veniaminovich Savenko, in arte Limonov – commistione delle parole limone e granata – poeta, scrittore e saggista russo, non bastano le parole. Uomo pieno di sé e di risentimento, amore, invidia, ambizione, e con la certezza di essere destinato al successo.

Non basta un libro. Ma Emmanuel Carrère ci prova, a descriverlo, a raccontare la sua vita, fatta di rancore, passione, odio e amore, di guerre e di nirvana. Di Limonov, semplicemente. L’uomo che ha fatto della sua vita un’avventura quasi irriproducibile; della sua persona un personaggio memorabile. Perché, alla fine, tutto quello che voleva era essere ricordato. E ci è riuscito. Oggi scrittore riconosciuto, ammirato; ma anche esponente politico di lotta e mai di governo, sempre contro al mainstream. Anticonformista mai rassegnato alla decadenza della Russia e sempre dalla parte degli oppressi. Le sue posizioni, ambigue ed estreme lo rendono un uomo indecifrabile e un leader affascinante.

Limonov è figlio dell’URSS; di famiglia umile, nasce a Dzeržinsk. Il papà, impiegato dell’allora NKVD, la mamma casalinga. Una promessa che lo ha sempre accompagnato sin da piccolo: non diventare suo padre, uomo rassegnato a una vita triste, senza ambizioni. Un fallito. Eduard non sarebbe stato un fallito. Una promessa che lo porta a Mosca dove farà parte dei salotti degli intellettuali che Eduard disprezza: non sarà mai come loro. Irrequieto di natura, Eduard è destinato a una vita fuori dagli schemi, una vita che possa essere raccontata; una vita che lo ritragga come l’antieroe per eccellenza. Come ha fatto Carrère, magistralmente.

Da Mosca a New York; dai salotti alla strada; dalla vodka alla zuppa riscaldata in una stanza di hotel per squattrinati. Con la consapevolezza di non poter tornare in patria – quella terra grigia, triste dove la gente ha i volti scavati dalla fatica, tutti uguali come a condividere lo stesso destino. Eduard cerca la fortuna in America, senza trovarla. Sempre fedele all’URSS, anche nella terra libera per natura, approva apertamente le dure politiche sovietiche e sarà sempre ostile alle aperture di Gorbachev, uomo senza coraggio e piegatosi alla volontà occidentale.

Fonte: Dalla mia tazza di tè

A New York Eduard è giornalista squattrinato per un giornale di espatriati russi, arrivista senza successo, barbone, maggiordomo, scrittore. Ed è qui che, per fortuna o per destino, ammalia un editore francese con i suoi testi crudi, veri, troppo veri. Così nasce Diario di un fallito. E così Limonov atterra a Parigi, senza più la sua donna, Tanja, la ragazza bionda, dagli occhi profondi e con le gambe da modella, lasciata forse indietro in qualche locale a farsi di cocaina a New York.

È a Parigi che Carrère conosce Limonov. E anche se non sarà un rapporto profondo, Eduard, uomo brillante e con una memoria spaventosa, lo ricorderà quando si rincontreranno anni più tardi a Mosca, alla veglia di Anna Politkovskaya, giornalista uccisa dal regime nel 2006. Ormai stabile in Russia – dopo lunghi viaggi tra le terre minate di Serbia e Kosovo, il ritiro spirituale sulle vette dell’Altaj, l’illuminazione nel carcere di Engel’s e, ancora, dopo aver perso amici e seguaci, giovani emarginati che avevano trovato nella politica anticonformista e un po’ punk del partito L’altra Russia da lui fondato un porto sicuro – Limonov, sessantenne è leggenda tra la gente.

Accerchiato da chi lo ammira in quella piazza buia, illuminata dalle candele della veglia, Eduard ha ancora quello sguardo fulmineo che penetra l’anima; quella freddezza che lo ha reso Limonov, uomo di ghiaccio e con un debole per i perdenti, i falliti come lui. “Una vita di merda”. Così definisce la sua vita, con tono rassegnato, apatico, a Carrère. Limonov non è che Edička, un ragazzino cresciuto nella periferia con i teppistelli di quartiere che giocavano a ubriacarsi e a scherzare con il fuoco tra le strade di Char’kov, in un tempo ormai relegato tra le pagine del passato.

Ma se Limonov è un fallito, allora sarà un fallito che rimarrà nella storia.

Susanna Fiorletta

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