Nell’attesa che la giustizia faccia il suo corso, sarebbe opportuno espellere pro tempore tutte le figure che verranno coinvolte nell’inchiesta

All’improvviso l’inattaccabile ed indiscutibile istituzione europea viene messa al centro di un terremoto fatto di corruzione, relazioni internazionali che porta con sé sospetti su fondazioni, lobby e finanziamenti privati a singoli o a gruppi politici: è il Qatargate.

Eppure, la scossa sismica sembra lasciare in piedi tutto. Né l’opinione pubblica, né il Palazzo, sembrano particolarmente sconvolti da quella che in altri tempi ed altri luoghi sarebbe stata una vicenda pazzesca, fatta di fiumi di contanti, intrighi internazionali, trame ordite da servizi segreti del Marocco ed emissari Catarini

Percepita come entità immateriale, l’Europa delle commissioni e dell’europarlamento, giova di questa disattenzione, disaffezione e distacco che oltre 400 milioni di abitanti hanno nei confronti di un’istituzione di cui conoscono ben poco e di cui si ha un’idea utopica, onirica e idealizzata di unione.

Che sia l’unico caso di corruzione? Certamente il Qatargate è quello più eclatante.

Fonte: la Repubblica

Fiumi di denaro, un milione e mezzo di euro in contanti rinvenuti e sequestrati nelle abitazioni di Panzeri (ex eurodeputato socialista), Giorgi (assistente dell’eurodeputato del PD, Cozzolino, e compagno della vicepresidente del Parlamento Europeo Eva Kaili), e della stessa Kaili, e addirittura in un trolley di suo padre.

Soldi che sarebbero stati prelevati in diverse tranche direttamente in Europa. Un’anomalia nello scenario della corruzione, che vede da anni un cambio netto delle strategie corruttive. Nomine e consulenze fasulle vengono utilizzate come copertura di scambio per far confluire denari in maniera meno eclatante nelle tasche del corrotto. Perché questa anomalia? Come può una rete di corruttela supporre di non essere attenzionata se muove oltre 1,5 milioni cash?

Le lobby che ruotano attorno all’europarlamento lavorano di fino e organizzano eventi, party, seminari, workshop, o i celebri “think tank” in cui vengono ospitati, per migliaia di dollari, esperti e conferenzieri che sono invitati a contribuire ad un dialogo tra decisori politici ed organizzazioni di diverso tipo, e subdolamente pagati per influenzare l’opinione pubblica durante l’esercizio del proprio mandato.

Una manovra corruttiva così goffa definirebbe non solo lo scarso livello umano, etico e morale degli interpreti di questa vicenda, ma qualificherebbe anche la pochezza dei presunti corrotti.

Motivo per cui nella disamina del Qatargate le considerazioni da tenere a mente sono 3:

1- le Istituzioni Europee sono percepite così distanti dalla popolazione a tal punto che, anche un terremoto di tali dimensioni non sembra sortire effetti di piazza, terremoti nei palazzi e sdegno continentale;

2- i media e l’informazione sta focalizzando l’attenzione sull’esercito di lobby che accerchia il parlamento europeo e la commissione. In realtà i lobbisti sono professionisti pagati per influenzare, con azioni dirette o indirette, il decisore politico, in favore di un particolare interesse. Un professionista, anche nell’illecito, non utilizzerebbe mai un flusso simile di contanti per esercitare la propria pressione;

3- lo sguardo andrebbe piuttosto rivolto alle ombre che si addensano sui rapporti personali che molti finanziatori espliciti o occulti, intrattengono con collaboratori, funzionari, dirigenti e boiardi all’interno dei palazzi del potere e che ruotano intorno a figure di riferimento che, magari, non volendosi far corrompere, ma essendo al corrente del tentativo, sono stati incastrati.

Nell’attesa che la giustizia faccia il suo corso, sarebbe opportuno non solo sollevare dagli incarichi pubblici, ma espellere pro tempore tutte le figure che verranno coinvolte nell’inchiesta.

Ne va di quel poco di credibilità politica che un’istituzione così pachidermica e distante può contare.

Alberto Siculella

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