Aveva ragione Indro Montanelli quando affermava che il sensazionalismo è uno dei più grossi vizi del giornalismo italiano
Quella del Giornalismo, lo dico consapevole di essere di parte, è una meravigliosa professione, ma è anche una grande responsabilità. Noi, operatori dell’informazione, siamo chiamati a divulgare le notizie che avvengono a poche centinaia di metri o a migliaia di km da dove ci troviamo.
Eppure, spesso e volentieri, esistono delle problematiche che di colpo non vengono più trattate, come se per magia la questione avesse trovato una collocazione temporale ormai chiusa e, forse, anche una risoluzione.
Quanto stiamo vedendo in queste ore è un classico esempio: da due anni a questa parte non si è fatto altro che parlare di COVID; la pandemia che, dalla Cina, ha toccato ogni angolo del Pianeta portando morti, lacrime e disperazione, è stata al centro di TG e testate giornalistiche di tutto il mondo per 24 mesi. Ed ora? Ora, un evento altrettanto drammatico come la guerra in Ucraina sembra (giornalisticamente parlando) aver preso il ruolo della “prima donna” al punto che del virus non se ne parla più.
I più ottimisti potrebbero pensare che siamo usciti da questo tunnel che ha, inevitabilmente, condizionato le nostre vite ma non è così. Semplicemente non fa più notizia. Eppure, il tasso di positività è tornato a livelli non proprio tranquilli: 9,64%, seguito da + 30.629 casi e + 144 morti.
La medesima questione vale per la realtà in Afghanistan. Le Donne trattate come schiave, un clima terroristico sempre più inquietante ed anche in questo caso il silenzio è d’obbligo.
Aveva ragione Indro Montanelli quando affermava che il sensazionalismo è uno dei più grossi vizi del giornalismo italiano.
Stefano Boeris