Il Governo Meloni spegnerà a breve la prima candelina ed i facili entusiasmi

L’abbiamo vista prepararsi con video, eventi. Il giro di cancellerie di mezzo mondo, palcoscenici nazionali ed internazionali, promesse di discontinuità, posizioni nette, scelte coraggiose. Ha avuto tempo, per studiare, mettersi in evidenza, raccogliere consenso, organizzare una macchina forte, collaudata. Rapporti, relazioni in Europa e nel mondo. Insomma, Giorgia Meloni ha fatto tutto ciò che poteva, voleva e doveva fare per ottenere il consenso, di quei pochi che ormai vanno a votare ma che convintamente hanno creduto in lei, e nel suo slogan: “pronti”.

Il 25 settembre sarà un anno dalle elezioni mentre il 22 ottobre il compleanno di questo Governo e, a ben vedere, seppur efficace, “pronti” resta uno slogan.

I tassi cresciuti come l’inflazione non offrono certamente un contesto ottimale in cui operare, eppure decisamente migliore di chi ha operato nei precedenti cinque anni tra pandemia, scoppio della guerra russo-ucraina e una contrazione dei mercati con annesse ripercussioni in tutti i settori, come in poche fasi storiche si era registrata. A ben vedere Meloni raccoglie in eredità una mole impressionante di denaro pubblico, parte in finanziamento, parte a fondo perduto, che nessun altro Governo in Europa può vantare, grazie al lavoro dell’allora Primo Ministro Giuseppe Conte. PNRR passato dalle mani di Draghi ed ora in quelle di Fitto, che tra una modifica, una revisione ed una conferenza stampa, sembra cercare equilibri e soluzioni a problemi che non ci sarebbero dovuti essere e che non ci possiamo permettere.

Alla prova dei fatti, i cavalli di battaglia di Giorgia Meloni e del suo Governo sono stati sostanzialmente disattesi.

Fonte: Fanpage

La guerra al Reddito di Cittadinanza, portata avanti come battaglia ideologica, ha portato all’eliminazione della misura, senza alcuna riforma strutturale dei centri per l’impiego, né del mercato del lavoro, ed in sostituzione di una complessa riforma, che sicuramente andava perfezionata, subentra la social card, una misura preistorica, già utilizzata. Un bonus, l’ennesimo, su cui la stessa Meloni si pronunciava a sfavore, di pochissimi euro, una tantum, sempre erogato da Poste Italiane.

Della flat tax, a prescindere dal giudizio nel merito, nessuno ne sa più nulla, come dell’eliminazione delle accise sulla benzina, promessa passata alla storia con il video di archivio di Giorgia Meloni ad un distributore di benzina con tanta di regia alla Benny Hill.

Mutui e prestiti alle stelle, l’inflazione che taglia le gambe al consumo e alle imprese. Extra profitti bancari tassati, forse, no, ma giusto un pochino, ma anche niente. E se poi si estendesse a farmaceutiche e assicurative? E se facessimo lo stesso con il recupero del dumping fiscale delle web industries? Niente.

Infine, il capolavoro, la battaglia delle battaglie, quella sugli sbarchi. Nel solo 2023, ovvero alla data odierna, gli sbarchi sono 103 mila. In meno di 9 mesi si è superato il record del 2016, raddoppiato il numero del 2022. Così al posto dei tanto citati “blocchi navali” si è passati ad allestire nuovi centri di accoglienza.

La posizione poi sulla guerra in Ucraina, l’assenza di uno sforzo diplomatico e la postura genuflessa ai poteri che tanto Giorgia Meloni riteneva forti e tiranni, oggi restituiscono il risultato di una campagna elettorale che di pronto aveva solo la scalata al potere, non una valida gestione dello stesso.

Speriamo solo che quel “pronti” non si riferisse al passaggio del nostro inno nazionale.

Alberto Siculella

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