Un sistema che va in pezzi ogni giorno e che favorendo nuovi attori internazionali rischia di trovare linfa vitale nelle parole di chi queste contraddizioni finisce per esasperarle

“Chi sa parli ora e si liberi la coscienza una volta per tutte”. A dirlo, nel corso di un’intervista rilasciata alla Repubblica, è stato l’ex premier Giuliano Amato, il quale è tornato a parlare del “mistero di Ustica”. Obbedendo ad un preciso obbligo morale, l’ex Presidente del Consiglio ha ripercorso i tragici fatti di quella notte del 1980, rivelando dettagli clamorosi.

In particolare, a destare scalpore, è stata la sua affermazione riguardo alla presunta responsabilità dell’aviazione francese nell’abbattimento del volo dell’Itavia su cui viaggiavano 81 nostri concittadini. Secondo Amato, a colpire il nostro aereo sarebbe stato un missile partito dalla base aerea di Solenzara, in Corsica.

Obiettivo di Parigi era l’affondamento dell’aereo su cui viaggiava il dittatore libico Muammar Gheddafi, in transito sul Tirreno nello stesso momento del DC-9 abbattuto. Una tesi, questa appena rispolverata, che già al tempo fu fatta propria da Cossiga e che adesso torna prepotentemente ad assumere importanza.

Nel corso del colloquio, l’ex premier ha anche chiamato in causa Bettino Craxi, il quale gli avrebbe rivelato di aver avvisato Gheddafi dell’attentato, sabotando di fatto l’operazione militare. Accuse prontamente respinte dalla famiglia del leader socialista, i quali hanno rimproverato a Giuliano Amato di confondere l’episodio di Ustica con il raid aereo americano di sei anni dopo. Ciononostante, la confessione di Amato, il quale potrebbe presto essere sentito dalla Procura di Roma in quanto persona informata sui fatti, è riuscita a sollevare un polverone che difficilmente si placherà nel breve periodo.

Fonte: Open

Anche oggi, proprio come allora, i generali hanno preso le distanze da queste dichiarazioni, resuscitando quel “muro di gomma” che ancora cinge la verità intorno ad Ustica. Quella stessa cortina fumogena fatta di silenzi, depistaggi e mezze verità che furono al centro di un’inchiesta del Corriere della Sera e il cui autore è venuto da poco a mancare.

Lo scorso 19 luglio, infatti, ci ha lasciati Andrea Purgatori che proprio ad Ustica aveva dedicato oltre dieci anni della sua carriera sulla carta stampata. Peraltro, sulla sua morte sono già stati sollevati sospetti, non essendo del tutto chiare alcune circostanze che lo avrebbero condotto alla morte. Attualmente, risultano indagati due medici della Capitale, ovvero il dottor Gianfranco Gualdi, direttore della clinica Pio XI, e il suo collaboratore Claudio Di Biasi.

Secondo le testimonianze fin qui raccolte, i due luminari avrebbero sbagliato la diagnosi iniziale sul male che affliggeva Purgatori, scambiando un’ischemia cerebrale per un tumore dell’encefalo di cui non vi sarebbe traccia. Un dettaglio non da poco e che richiama alla mente i fantasmi del nostro oscuro passato. Non era un mistero che i nostri servizi segreti non amassero Purgatori e le sue inchieste. Non solo per quel concerne Ustica, ma anche sul Kosovo e sulla scomparsa di Emanuela Orlandi i suoi reportage erano sovente accolti con perplessità da parte degli apparati di sicurezza italiani.

Ecco perché, a una prima impressione, le parole di Amato sono sembrate un fallace tentativo di vuotare il sacco, sulla scia emotiva che ha accolto la notizia della misteriosa morte di Purgatori. Se non altro per il ritardo e per il modo attraverso cui si è giunti a tali rivelazioni.

Si potrebbe quasi dire che il “Dottor Sottile” ha colto il pretesto ad hoc per lavarsi pubblicamente la coscienza, veicolando un messaggio ben diverso dalla mera ricerca della verità. Non per niente, nelle ultime ore è emersa un’ulteriore chiave di lettura degna di nota.

La chiamata in correo di Parigi su Ustica potrebbe favorire chi ha interesse ad approfittare del recente appannamento della Francia a livello internazionale. Specialmente dopo il colpo di Stato in Niger del mese scorso, è parso a molti osservatori che il residuale sistema coloniale franco-centrico stia letteralmente crollando su sé stesso.

Se poi aggiungiamo che la crisi migratoria proveniente dal Nord-Africa rischia seriamente di mettere a repentaglio le relazioni fra i nostri due Paesi (che non sono mai state ottimali) risulta altresì evidente che le parole di Giuliano Amato non possono essere considerate casuali.

Al contrario, esse sono l’indice indefettibile di una crisi del sistema dai risvolti ad oggi imprevedibili.

Un sistema che va in pezzi ogni giorno e che favorendo nuovi attori internazionali rischia di trovare linfa vitale nelle parole di chi queste contraddizioni finisce inavvertitamente per esasperarle.

Gianmarco Pucci

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