Come la Guerra in Ucraina ha cambiato l’economia mondiale in poco più di un anno

L’economia europea si sta trasformando in un’economia di guerra? Per rispondere positivamente alla domanda basta scorrere le dichiarazioni rilasciate negli ultimi giorni dai membri della Commissione europea. Per Thierry Breton, commissario europeo all’industria, è necessario convertire nel breve periodo grandi segmenti dell’industria pesante in industria bellica, al fine di sostenere la produzione di armi in una guerra lunga e ad alta intensità. Peraltro, prosegue Breton, ciò si rende necessario anche per supportare adeguatamente l’Ucraina, la quale da tempo lamenta di non ricevere dall’Europa munizioni a sufficienza per fronteggiare l’offensiva russa in Donbass.

Dello stesso avviso pare essere l’Alto Rappresentante della politica estera dell’Unione, Josep Borrell, che ha rassicurato Kiev sull’invio di nuovi strumenti d’artiglieria e sistemi d’arma. Nondimeno, la Commissione starebbe lavorando a un piano da 500 milioni di euro da stanziare per la difesa dell’Ucraina, in aggiunta alle nuove sanzioni appena varate contro Mosca. In questo ultimo pacchetto da 13 miliardi (il decimo dall’inizio del conflitto) si provvede a colpire l’accesso di Mosca a tecnologie militari di ultima generazione.

Nelle restrizioni sono incluse, in particolare, le componenti elettroniche per costruire missili, droni e bombe. Non c’è ancora l’accordo, invece, sullo stop alle importazioni di cemento e gomma sintetica, avendo chiesto alcuni Paesi (fra cui l’Italia) una nuova valutazione da parte della Commissione. Inoltre, si sanzionano quelle banche e quelle società che forniscono protezione finanziaria al sanguinario regime di Putin.

Fra queste spiccano i nomi di 3 istituti russi e di 7 società iraniane, strettamente collegate al regime di Teheran. Infine, nuove limitazioni vengono imposte alle esportazioni di gas e petrolio. Risorse energetiche che oggi la Russia cede, in larga parte, all’Oriente, soprattutto alla Cina e all’India.  Proprio il “Dragone” è stato accusato recentemente dagli Usa di aiutare la Russia ad evadere le sanzioni, fornendogli capitali da reimpiegare nel conflitto.

Un’accusa smentita da Pechino, ma che è suffragata dai fatti. A dispetto delle aspettative, quest’anno l’economia russa crescerà dello 0,3% rispetto al -2,3 prospettato a fine 2022. Ciò non vuol dire che le sanzioni siano inutili, ma è pur vero che per vedere degli effetti ci vorrà del tempo. La guerra è stata un vero e proprio shock per l’economia dell’eurozona, per via anche della sudditanza energetica di alcune nazioni nei confronti di Mosca. È inevitabile, allora, che per riorganizzare il mercato è necessario programmare una risposta a lunga gittata. In tal senso, l’Europa, lo possiamo tranquillamente dire, si sta muovendo bene. L’accordo sul tetto al prezzo del gas ha permesso di evitare il razionamento forzato dell’energia durante questo inverno. Tuttavia, ciò non è stato sufficiente a scongiurare la crescita dell’inflazione e dei tassi d’interesse.

Per recuperare i costi, le imprese sono sempre più costrette a scaricare i rincari sul prezzo dei prodotti finiti. Si stima che nel solo 2022, le famiglie italiane hanno dovuto pagare il 60 % in più per le bollette del gas e più del doppio per quelle dell’energia elettrica. Si prevede, inoltre, che per via dell’aumento dei tassi d’interesse, alcune categorie non saranno in grado di onorare i prestiti con le banche.

Fonte: www.hbritalia.it

Non a caso la BCE ha suggerito a queste ultime, al fine di contenere l’inflazione entro il 2%, di rinegoziare i mutui a tasso variabile con i loro clienti. A lievitare, tuttavia, non sono stati solo i prezzi dei beni energetici. Il blocco quest’estate delle merci nel porto di Odessa, rimosso grazie alla mediazione della Turchia, ha provocato un improvviso rialzo del costo dei cereali. Tanto che, per la prima volta in decenni di storia, si è tornati a parlare di carestia globale. Un termine arcaico, quasi biblico, ma che esprime nitidamente la drammaticità della situazione presente.

Malgrado la guerra abbia fornito l’opportunità per instaurare relazioni commerciali e strategiche con nuovi attori internazionali (in primis il Nord Africa), essa ha contribuito ad accrescere le diseguaglianze sociali. A fronte di un impoverimento generale, determinato dalla perdita del potere d’acquisto della moneta, le grandi aziende produttrici di gas ed energia hanno continuato a guadagnare grazie agli extraprofitti, raddoppiando gli introiti.

Per non parlare delle fabbriche di armi, che dall’inizio del conflitto hanno visto incrementare i loro ordini di oltre il 96%. Un dato che rispecchia tutte le contraddizioni derivanti dal fallimento della globalizzazione, che dopo averci illusi di vivere in un mondo ordinato e sicuro, cerca ora di sopravvivere, armando una polveriera pronta ad esplodere.

Gianmarco Pucci

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