Immagini romantiche rimaste indelebili nel cuore di chi ha vissuto quel trionfo

La Lazio di Maestrelli era una squadra unica, meravigliosa, irripetibile, composta da ragazzi particolari e stravaganti, anarchici e un po’ pazzi, in dissidio tra loro ma uniti e compatti al momento di affrontare gli avversari. Calciatori diventati Eroi il 12 maggio 1974, giorno in cui si laurearono Campioni d’Italia portando per la prima volta lo scudetto al club capitolino dai colori del cielo.

L’approdo di Tommaso Maestrelli sulla panchina biancazzurra segnò l’inizio di quella indimenticabile squadra. Tecnico fortemente voluto da Umberto Lenzini nell’estate del 1971 per risollevare la Lazio retrocessa in serie B. I primi momenti furono difficili per l’allenatore toscano in quanto accolto con diffidenza e scetticismo non solo dalla tifoseria laziale ma anche dal calciatore più forte, Giorgio Chinaglia, attaccato al suo ex tecnico Juan Carlos Lorenzo. In seguito, Long John sarà conquistato dalla carica umana di Maestrelli che considererà il suo secondo padre.

Promossa in serie A solo all’ultima giornata dopo un campionato piuttosto deludente per risultati e qualità di gioco, il tecnico chiese al Presidente Lenzini e al Direttore Generale Sbardella di acquistare per la stagione a seguire un portiere, un regista, un’ala e soprattutto Luciano Re Cecconi, suo pupillo ai tempi del Foggia.

La squadra in posa con lo scudetto sul petto – Fonte: Marcello Geppetti / MGMC

Per rispettarne le richieste, la società laziale fu costretta a cedere Massa all’Inter in cambio di Frustalupi, regista trentenne considerato avviato sul viale del tramonto e un prezioso conguaglio con cui furono comprati il tanto desiderato Re Cecconi, lo sconosciuto Garlaschelli dal Como e Felice Pulici dal Novara, ai quali si aggiunse Sergio Petrelli scartato dalla Roma. Operazioni di mercato che furono contestate dai tifosi legatissimi all’idolo Massa e assai scettici sul valore dei nuovi acquisti specie di Pulici, portiere che aveva incassato cinque gol nel Lazio-Novara della stagione precedente.

Nella stagione 1972-73, dopo l’eliminazione dalla Coppa Italia con il pubblico laziale a invocare l’esonero del tecnico, Maestrelli apportò correzioni che diedero vita ad un modello di calcio totale con giocatori capaci di ben disimpegnarsi in ogni zona del campo. Una delle mosse vincenti fu quella di spostare Martini dal ruolo di mediano a quello di terzino sinistro, fluidificante non solo in verticale ma anche in diagonale. Una coraggiosa intuizione dell’allenatore visto che Gigi calciava con il piede destro e doveva operare nella zona opposta.

Il centrocampo costituiva la forza della Lazio con Re Cecconi instancabile nella sua corsa, Frustalupi intelligente regista ad inventare e “Bombardino” Nanni abile negli inserimenti in area e potente nel tiro dai trenta metri. La difesa risultò granitica subendo per due anni consecutivi meno gol rispetto alle avversarie grazie alle poderose parate di Felice Pulici, a due implacabili guerrieri come Facco e Oddi, ed al Capitano Pino Wilson, libero di ottima tecnica e senso dell’anticipo, fenomenale nel tackle scivolato.

In attacco la Lazio poteva contare sulla potenza e sul carisma di Chinaglia, il più prolifico centravanti dell’epoca, coadiuvato da un partner veloce come Garlaschelli a cui si aggiungeva Manservisi nella funzione di jolly capace di interpretare più ruoli. Per merito di questi giocatori la matricola biancazzurra appena salita dalla serie B arrivò ad un passo dallo scudetto perso all’ultima giornata in un arrivo in volata con Juve e Milan con lo scudetto vinto dalla Vecchia Signora tra le polemiche.

In vista della stagione 1973-74 i giornalisti sportivi, Gianni Brera in primis, considerarono la Lazio una meteora che difficilmente avrebbe ripetuto le gesta dell’anno precedente; tesi avvalorata dall’inizio stentato della compagine capitolina che accusò limiti nella tenuta mentale e nella continuità di rendimento. L’alchimista Maestrelli trovò i giusti correttivi inserendo negli “undici” Vincenzino D’Amico, gioiello diciannovenne di Latina cresciuto nel vivaio biancazzurro, fuoriclasse assoluto al servizio della squadra e Sergio Petrelli esterno d’attacco mancino inventato da Tommaso terzino destro con licenza di attaccare.

Dalla settima giornata la Lazio cambiò marcia infilando una serie di successi che la portarono al titolo di Campione d’inverno. Memorabile il derby ribaltato nel corso della ripresa con il gol del provvisorio pareggio segnato dall’esordiente Paolo Franzoni a pochi secondi dalla sua entrata in campo. Entrato nella storia il gol di Re Cecconi al 90’ contro il Milan, pietra miliare del trionfo in campionato. Animi diversi e contrapposti all’interno del club nel gestire il primato. Mentre Maestrelli manteneva un atteggiamento pacato e volto ad evitare trionfalismi, il Presidente Lenzini amava esternare le sue profezie vaticinando la sicura conquista del titolo di Campione d’Italia a fine stagione. Alla luce dei fatti aveva previsto giusto il Sor Umberto…

La corsa scudetto proseguì spedita nel girone di ritorno nonostante la lunga assenza di Re Cecconi causata da un infortunio alla caviglia. Maestrelli sostituì il biondo centrocampista con lo sconosciuto Fausto Inselvini, il quale a sorpresa si rivelò un titolare aggiunto classificandosi tra i migliori in campo in ogni partita.

Alla diciottesima giornata i biancazzurri sconfiggendo la Juventus con un secco 3-1 misero una forte ipoteca sulla vittoria del campionato. Chinaglia grazie al suo carisma era il simbolo della Lazio ed era sonoramente fischiato in ogni stadio. Quei fischi fungevano da carica per Long John che regolarmente segnava quando veniva deriso e offeso. Così successe nel derby al cui termine Giorgio all’uscita dal terreno di gioco divenne bersaglio di corpi contundenti lanciati dalla curva sud ed a Napoli dove il centravanti con una tripletta permise alla formazione romana di uscire indenne dal San Paolo.

Una marcia trionfale quella della Lazio messa in discussione nella partita casalinga contro il Verona con i veneti clamorosamente in vantaggio per 2-1 alla fine del primo tempo. Maestrelli ordinò ai suoi uomini di non rientrare negli spogliatoi durante l’intervallo ma di aspettare gli avversari in campo. Una scelta geniale, l’ennesima, del tecnico a scuotere i suoi ragazzi alimentandone la reazione. La partita terminò 4-2 per i biancazzurri.

Ma quella squadra viene anche ricordata per i continui litigi tra giocatori spaccati in due clan con tanto di spogliatoi separati, uno comandato da Chinaglia e Wilson, l’altro da Martini e Re Cecconi. Nelle partitelle del giovedì quei ragazzi vivaci e tosti non lesinavano a colpirsi vicendevolmente con un’animosità inaudita per poi compattarsi nelle gare della domenica grazie all’opera di tessitore di Tommaso Maestrelli. Calciatori con la passione per le armi usate con faciloneria senza considerare la pericolosità di certe azioni che potevano trasformarsi in tragedia. Per non parlare dei lanci col paracadute a rischio incolumità di cui erano protagonisti Martini e Re Cecconi.

E arrivò la penultima giornata di campionato in programma il 12 maggio. La Lazio sarebbe diventata aritmeticamente Campione d’Italia con una giornata di anticipo qualora avesse battuto il Foggia che si giocava a Roma la salvezza. I calciatori biancazzurri forse per il gran caldo o per l’emozione non riuscirono ad esprimere il loro gioco e non crearono pericoli alla porta pugliese nel primo tempo. Al 58’ l’arbitro Panzino assegnò un calcio di rigore a favore dei biancazzurri fortemente contestato dai calciatori foggiani che protestarono a lungo usando non solo le parole. Chinaglia trasformò la massima punizione spiazzando il portiere.

Giorgio Chinaglia e l’esultanza dopo il gol – Fonte: Marcello Geppetti / MGMC

Due minuti dopo saltarono i nervi a Garlaschelli che fu severamente espulso per fallo di reazione. In superiorità numerica il Foggia si riversò in avanti ma la difesa laziale seppe resistere. E fu scudetto. Un grappolo di palloni portò nel cielo di Roma uno scudetto tricolore mentre Maestrelli ed i suoi ragazzi furono circondati dai tifosi entrati in campo per la festosa invasione. Immagini romantiche rimaste indelebili nel cuore di chi ha vissuto quel trionfo ed amato quella splendida squadra diventata leggenda.  

Gian Luca Cocola

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