Gianluca ha costruito nel tempo un percorso solido che mescola le sue passioni: scrivere brani che diventano inevitabilmente canzoni, melodie e cover

Gianluca Grossi, cantautore, nasce a Roma il 4 dicembre del 1991.

All’età di undici anni inizia a cantare e a fare i primi saggi scolastici divertendosi e avvicinandosi così ad un mondo a lui congeniale: il palcoscenico. Era ciò che avrebbe voluto fare, tanto che a soli 16 anni si esibisce per la prima volta in un concerto tutto suo al “Teatro Garbatella” cantando cover in lingua inglese.

Gianluca ha costruito nel tempo un percorso solido che mescola le sue passioni: scrivere brani che diventano inevitabilmente canzoni, melodie e cover, il tutto attraverso una vera gavetta e un approccio sempre umile e rispettoso, ma senza nascondere la sua personalità. Le sue capacità emergono dalle sue canzoni. Scrive molti brani in inglese e a diciotto anni per la prima volta canta al mitico “Piper Club” di Roma, presentando tutti i suoi inediti. Partecipano in tantissimi, un locale colmo di personalità dello spettacolo e della musica italiana.

Gianluca Grossi - Autore (di testi), compositore, cantante - Roma |  Kleisma.com
Fonte: Kleisma

Quando scrivi una canzone cosa ti ispira?

Molto spesso una canzone nasce in modo spontaneo, quando meno te l’aspetti. Tantissime volte ho provato a scrivere con la chitarra in mano senza ottenere nessun risultato, mentre magari alcuni brani sono nati canticchiando in motorino, quindi accostavo, registravo con l’iphone la melodia e ci lavoravo quando tornavo a casa, oppure per esempio una notte mi sono svegliato e avevo in testa il titolo “come il sole di gennaio” e da lì ho iniziato a scrivere il testo. Le canzoni nascono quando hanno voglia loro.

Tutta la tua musica è autobiografica?

Diciamo di sì, anche se le canzoni sono un insieme di emozioni, che posso assimilare anche da storie di altre persone a me vicine, oppure vedendo un film o sentendo un’altra canzone. Il potere di chi scrive è quello di realizzare un brano e offrirlo agli altri, infatti, ogni persona assegna un significato diverso, magari da quello che ho dato io, ma va bene ed è giusto che sia così.

Qual è stata la prima canzone che hai cantato, anche davanti a un pubblico, quella che ti è rimasta nel cuore?

In effetti c’è una canzone che ha segnato il mio percorso, anzi più che segnato lo ha lanciato. Ero appena undicenne e alla tv passa il brano di Robbie Williams, Angels. Rimasi affascinato e costrinsi mia madre ad accompagnarmi da Ricordi a Piazza Venezia per comprare il CD. Da quel giorno ho iniziato a cantare e Angels la canto a tutti i miei concerti come se fosse mia. Ho anche tatuato l’inizio del ritornello sul mio avambraccio AND THROUGH IT ALL.

Cosa manca in Italia ai cantautori come te per diventare famosi?

Manca l’occasione o la costanza nel cercare l’occasione, anche se tra il web, in cui ormai gli artisti sono un granello di sabbia nel mare magnum ed i talent che hanno distrutto il vero senso dell’artista, le strade sono poche.

Quanto è difficile far conoscere un brano in Italia?

Molto difficile, rendere virale un brano è veramente complicato, le persone non hanno più voglia di sentire la musica, difficile che qualcuno ascolti più di un minuto e mezzo di canzone senza annoiarsi e voler ascoltare qualcosa di diverso. La colpa non è di nessuno, anche io purtroppo faccio così, non c’è più il gusto di comprare un cd e ascoltarlo tutto. Il mondo sembra andare molto più veloce rispetto al passato.

Cosa non hanno capito i potenti della musica nel nostro Paese?

I potenti seguono le mode, la moda del momento è la trap, il rap e i Dj, mondi lontani da quello che faccio io; non disprezzo il genere è solo che in Italia tutto cio che non fa parte di questi tre generi è fastidiosamente considerato “antico”, questo mi disturba.  Per me non esiste l’aggettivo antico allegato alla musica, tutto torna.

Quando pensi a Paesi come gli Stati Uniti d’America hai la sensazione che ci sia una maggiore meritocrazia?

Da quello che si dice sembra di sì, ma non sono mai stato in America, ma per come siamo abituati noi… l’erba del vicino è sempre più verde, poi bisogna vedere.

Grazie Gianluca per l’intervista così sentita e personale. Chiudo con un augurio tratto da un tuo brano che a me piace molto.

Antonella Tancredi

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