La parola transizione è una delle più gettonate di questi tempi. Da quella digitale a quella ecologica, viviamo un periodo di transizione

O meglio, lo siamo da sempre, perché da sempre le società vivono contesti, dinamiche, in continua evoluzione. Ma a ben vedere della parola “transizione” se ne sta facendo un utilizzo errato, nonché strumentale, funzionale a rimandare ciò che non può più attendere. Procrastinare, ulteriormente, ciò che andava fatto circa venti anni fa.

Crisi, transizione e trasformazione: strumenti per gestire il cambiamento |  Psicologia Contemporanea
Fonte: Psicologia contemporanea

Un piano nazionale del lavoro, dell’industria, e dell’energia, andava realizzato tempo fa, ed oggi paghiamo i costi di una classe dirigente autoreferenziale, di una politica dormiente e di una struttura socioculturale poco incline ad interpretare tempi, contesti, cambiamenti.

Abbiamo scarsità di risorse umane formate da inserire in mercati in forte espansione, in cui l’Italia fa da fanalino di coda. Abbiamo poca capacità di attrarre cervelli, meriti, curricula, a causa di salari rimasti fermi mentre tutti, nell’eurozona, sono cresciuti.

Siamo vulnerabili, più di altri, perché non abbiamo sviluppato un piano nazionale energetico improntato all’autosufficienza con sviluppo di giga factory, infrastrutturazione pubblica, investimenti privati. Non abbiamo riconvertito né ammodernato. Abbiamo preferito consumare suolo piuttosto che investire in efficientamento energetico. Abbiamo traccheggiato con inutili discorsi da bar sul nucleare. Ed oggi, in affanno, cerchiamo di recuperare il terreno perso, come i soldi buttati in sempre più onerose bollette.

Abbiamo continuato a muovere merci su gomma, rendendole soggette a rincari dei carburanti, congestionando autostrade e città, perché di organizzare una logistica su più mezzi, in primis su binario, non ci è riuscito per circa un trentennio per la mobilità civile, figuriamoci per il trasporto industriale e commerciale.

Abbiamo lasciato che il tempo ci presentasse il conto della nostra inettitudine, della nostra inerzia, ed ora lo paghiamo caro e senza rate. Come paghiamo tutte le accise accatastate nel costo netto del litro di carburante. Come paghiamo gli oneri di sistema, di un sistema vecchio, obsoleto, di approvvigionamento, distribuzione e consumo di gas ed energia elettrica.

Abbiamo accettato una transizione permanente, anche ora che dovremmo accettare e determinare un cambio di paradigma netto, discontinuo ed incisivo.

Alberto Siculella

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