Si tratta della storia di un uomo che affascina, una storia che trabocca violenza, sesso, ribellione ma anche amore e concettualità religiosa

Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, dal paese lombardo che gli ha dato i natali, è stato un pittore genericamente inquadrato come ribelle, violento, dedito al vino e alle risse, irriverente e aggressivo, insomma un personaggetto poco raccomandabile. Eh. Però c’è un però. Un qualcosa che lo rende inavvicinabile, irragiungibile ed è la sua arte. Il modo che ha di rendere vive le immagini che riporta su tela lo pongono ai vertici della pittura mondiale, non solo della sua epoca, ma di tutti i tempi.

Siamo nel 1610 e Caravaggio è in fuga dallo stato pontificio dove è stato condannato alla decapitazione per aver ucciso Ranuccio Tomassoni, suo rivale in amore, forse. Il film di cui stiamo parlando, L’ombra di Caravaggio,diretto da Michele Placido, prende avvio e contestualizza la sua narrazione esattamente in quell’anno. Va premesso che la storia del personaggio Michelangelo Merisi ha avuto diversi precedenti cinematografici, a partire da Caravaggio il pittore maledetto del 1941, fino a giungere a Caravaggio, l’anima e il sangue del 2018, con in mezzo almeno altre tre pellicole.

Fonte: Arte.it

Il perché di tanta abbondanza è facilmente intuibile, si tratta della storia di un uomo che affascina e coinvolge, una storia che trabocca violenza, sesso, ribellione all’ordine costituito, ma anche amore e concettualità religiosa, insomma un vortice di fatti sanguigni ed emotivamente coinvolgenti, il tutto attorno a un personaggio che, come già detto, rappresenta uno dei più grandi pittori della storia.

Fonte: MYmovies

Il film prende spunto dalla verifica che Papa Paolo Quinto vuole fare sulla vita del Merisi al fine di giustificare la possibilità di concedergli la grazia. A tale scopo incarica un misterioso inquisitore, conosciuto come l’Ombra, di interrogare quante più persone lo abbiano conosciuto per tracciare un profilo dell’uomo oltre la sua arte. Insomma, Caravaggio è un talento troppo grande perché si possa rinunciare alle sue opere e allora è necessario trovare una scusa, un motivo per tenerlo in vita. L’inquisitore inizia la sua indagine con un lungo incontro con Costanza Colonna, nobildonna protettrice del Merisi e con tutta probabilità sua amante.

La donna racconta che il giovane Caravaggio, avendo dimostrato sin da giovane la sua predisposizione per la pittura, era stato mandato a Roma dalla famiglia per fare apprendistato. Dopo un breve periodo nel quale aveva seguito gli ambienti artistici sviluppatisi intorno al cavalier D’Arpino, si era poi allontanato da quella pittura, ritenuta troppo manierista, e aveva preso a frequentare l’ospedale di Santa Maria In Vallicella, luogo frequentato da reietti, prostitute e mendicanti.

Vita vera, senza filtri. Situazioni al limite della sopravvivenza, fame e paura, dolore e malattia, poche luci e mille ombre. Che cosa può esserci di più coinvolgente per un artista che raccontare queste facce, questi corpi, queste membra doloranti, questi sguardi pieni di angoscia. È così che Caravaggio vede i martiri della chiesa, la madonna sofferente per la morte del cristo e tutti i personaggi che hanno fatto grande il cristianesimo, ed è così che vuole ritrarli.

Profondo conoscitore della Bibbia l’artista capisce che è questa la strada e comincia dunque a dipingere madonne che hanno come modelle delle prostitute, e martiri che hanno il volto dei reietti, povera gente che incontra nei vicoli immondi di Roma, nelle osterie, nei bordelli, come nell’ospedale di Santa Maria in Vallicella. Gli viene tutto, se non facile, senz’altro più semplice, è la realtà e non l’immaginazione, è la gente vera e non i modelli slavati e incerti che hanno affollato fino ad allora le tele degli altri pittori. Tutto ciò però non si concilia con l’immagine della chiesa che non può certo tollerare prostitute e reietti abbinate a santi e madonne.  

L’inquisitore, la fantomatica Ombra, scava, indaga, va oltre le parole di Costanza Colonna, parla con le puttane, con i compagni di osteria e di baldorie del Merisi, con i malati, con gli emarginati, o anche semplicemente con i poveri, gente che non ha nemmeno il minimo per sopravvivere. È un uomo freddo, una macchina dell’inquisizione, il suo unico scopo è quello di mantenere l’ordine costituito. Il potere della Chiesa deve rimanere intatto e Caravaggio rappresenta un pericolo per tutto questo. Tanto più è un artista, tanto più il suo talento è immenso, tanto più va arginato, addirittura fermato.

Quando finalmente l’Ombra riesce a incontrare il Merisi e gli propone in cambio della grazia la sua accettazione a non dipingere mai più, ecco che la ribellione, il disprezzo di Caravaggio per l’ipocrisia emergono in tutta la loro forza. Il diniego è forte e definitivo e segna la sua condanna a morte.

La vita di Caravaggio finisce dunque qui, tra luci e ombre, senza certezze. Morto di colera sulla spiaggia della Feniglia, o ucciso a Palo Laziale dagli emissari della chiesa? Nulla di certo.

Il film racconta tutto questo in modo lineare e convenzionale, facendo emergere un’immagine quasi eroica dell’artista, infondendo nello spettatore il rammarico di un Caravaggio condannato morire troppo presto, lasciandoci così orfani di altri capolavori.

Come quattrocento anni più tardi, e concedetemi una digressione che può sembrare forse blasfema, Jhon Lennon viene privato della vita nel fiore della sua maturità artistica. Riccardo Scamarcio è perfettamente a suo agio nei panni del pittore maledetto, così come tutti gli altri comprimari a partire da Micaela Ramazzotti, la prostituta Elena Tognetti, fino a Isabelle Huppert Costanza Colonna e allo stesso Placido, un cardinal Dal Monte quasi psichedelico, in bilico tra grande sensibilità per l’arte e profonda immoralità; fotografia fedele dell’istituzione che rappresenta.

Fonte: Fanpage

Una doverosa citazione va fatta infine all’ottima fotografia di Michele D’Attanasio che nei quadri scenici riesce a riprodurre in modo quasi maniacale il gioco di luci e ombre delle opere del Merisi.

Lello Mingione

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