Tra dissesto idrogeologico e transizione permanente

Sono state spese parole, sprecati denari, eppure continuiamo a parlare di bombe d’acqua, di fenomeni atmosferici, senza prenderci fino in fondo le responsabilità di quello che in realtà è: un disastro con dei chiari responsabili, noi. Tutti noi.

L’Italia è un Paese fragile, da nord a sud. Stretta, lunga, schiacciata da coste e rialzata su appennini e alpi, corsi d’acqua, laghi, bloccati da cemento, case, strade, ponti, che non dovevano nascere o al massimo nascere con una visione differente.

Così raccontiamo di una cronaca che non sembra neanche toccarci più di tanto, come senza sorpresa si attende e si affronta un episodio che ciclicamente debba avvenire ogni anno, e magari più volte all’anno. La Liguria più di tutte le altre regioni d’Italia conosce questa sensazione.

Ripuliamo dal fango le strade, come ripuliamo le nostre coscienze, con ritardo ed ipocrisia, con il minuto di silenzio, con il cordoglio.

Fonte: Corriere

Eppure, a furia di nascondere la polvere sotto il letto del fiume, succede questo. Lo sappiamo bene, eppure rimandiamo.

Continuiamo a consumare 2mq di suolo al secondo, sottraendo terreno, ambiente, natura, in favore di cemento e costruzioni. L’Italia è il Paese con la copertura artificiale più alta d’Europa, il 7,10%, contro il 4,2% della media europea. Continuiamo a fare ecologismo di facciata, a non ripulire i corsi dell’acqua, a non riforestare zone abbandonate, a non adeguare protocolli, investire e adattare il tessuto normativo per facilitare e velocizzare lo sviluppo di economie green.

Il popolo marchigiano è esempio di resilienza, solidarietà e determinazione. Saprà rialzarsi, pieno di ferite, ma più forte di prima. Ma non possiamo più chiamarla transizione. Serve ora, subito, altrimenti risparmiamoci ipocrisie e promesse, perché adesso pesano quanto il fango da spalare

Alberto Siculella

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