L’inquinamento da plastica è in costante peggioramento; a rimetterci è l’ambiente e la salute umana

“L’inquinamento degli oceani sarà quattro volte maggiore entro il 2050”. Così si apre il nuovo allarmante rapporto del WWF intitolato “Inquinamento da plastica negli oceani – impatti su specie biodiversità ed ecosistemi marini”. Realizzato in collaborazione con l’Istituto Alfred Wegener per le ricerche polari e marine (AWI), esso analizza oltre 2590 studi sull’inquinamento da plastica e sui suoi effetti sulla vita marina, delineando quello che l’Onu ha definito una crisi planetaria.

Allarme rifiuti, Roma è solo la punta dell'iceberg
Fonte: Rinnovabili.it

I numeri che la riguardano sono decisamente preoccupanti. Basti pensare che la massa di tutta la plastica presente, il cui peso ammonta a circa 8 miliardi di tonnellate, risulta essere il doppio della biomassa totale degli animali marini e terrestri messi insieme. Il mercato più interessato è quello degli imballaggi e si stima che circa il 60% della plastica prodotta sia diventata rifiuto e si stia accumulando in discariche o negli oceani.

Ma a destare maggior preoccupazione è il fatto che, come affermato nel dossier, anche se la dispersione globale di plastica in natura fosse eliminata oggi stesso, esiste una “coda lunga” di microplastiche la cui concentrazione nel 2050 sarebbe comunque doppia rispetto a quella attuale. A dimostrazione di ciò, è apparso che diverse sono le zone (tecnicamente chiamate hot spots d’inquinamento) in cui è stata già superata la soglia massima tollerabile di inquinamento da microplastica, stabilita a 120mila oggetti per metro cubo. Tra esse figurano l’est della Cina, il Mar Giallo, il ghiaccio marino dell’Artico ed il nostro Mar Mediterraneo.

Quest’ultimo è al centro di un approfondimento che muove dal fatto che l’Europa è il secondo maggior produttore di plastica dopo la Cina. Il continente europeo rilascia nel mare ogni anno 307-925 milioni di rifiuti, di cui l’82% è plastica (si tratta principalmente di articoli monouso, bottiglie ed imballaggi). Secondo una recente analisi, risulta che ogni anno finiscono nel Mediterraneo circa 229mila tonnellate di plastiche. Più della metà di esse proviene fondamentalmente da tre paesi: il 32% dall’Egitto, il 15% dall’Italia ed il 10% dalla Turchia. i numeri assoluti fanno ancor più paura. il WWF prevede infatti che nel nostro mare siano presenti attualmente oltre un milione di tonnellate di plastica, con concentrazioni massime che raggiungono i 10,43 chilogrammi per chilometro quadrato. Se guardiamo al dettaglio delle città più inquinanti del bacino del Mediterraneo, la situazione appare ancor più raccapricciante: tra le prime dieci appaiono Roma, che detiene il primato assoluto, Milano, Torino, Palermo e Genova.

È inutile ricordare come l’inquinamento da plastica sia un gravissimo pericolo per le specie marine e può provocare la loro morte attraverso intrappolamento, soffocamento o ingestione. Per citare solo alcuni dati, il report rivela che sono ormai almeno 2150 le specie marine che sono entrate in contatto con la plastica. Fino al 90% di tutti gli uccelli marini e il 52% di tutte le tartarughe marine ingeriscono plastica.

Da questo derivano grandi rischi anche per l’uomo, in quanto la plastica ingerita dagli animali risale spesso la catena alimentare ed arriva sulle nostre tavole. Per comprendere la portata del fenomeno è sufficiente dire che 116 specie animali che vivono nel Mediterraneo hanno ingerito plastica. Il 59% sono pesci ossei, tra cui molte si mangiano comunemente: come sardine, triglie, orate, merluzzi, acciughe, tonni. In termini concreti ciò si traduce nell’assunzione annuale di circa 53mila microplastiche.

A pagare dazio sono anche gli ecosistemi marini più importanti del mondo, quali le barriere coralline e le foreste di mangrovie. A proposito delle prime, si stima che nell’Oceano Pacifico 11,1 miliardi di oggetti di plastica (soprattutto attrezzi da pesca) siano intrappolati nella barriera corallina ed è previsto che questa quantità possa aumentare del 40% entro il 2025.

Per tutti questi motivi il WWF “richiede un’azione concreta e immediata a livello internazionale” per ridurre la produzione e l’uso della plastica a livello globale.

Giulio Picchia

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